Violenze contro le donne
di Federico Smidile
La violenza maschile contro le donne è un problema che si affronta certo dal punto di vista giuridico. Non è vero, infatti, che aggravanti specifiche per questo tipo di violenza siano inutili. Hanno, invece, un effetto pratico, limitando la libertà di movimento del criminale, ma anche culturale, segnalando che si tratta di violenze che hanno un carattere specifico e non generico. Questa violenza è, infatti, dovuta proprio al fatto che il carnefice è uomo e la vittima donna. È una violenza di lungo corso, che nasce con “L’Emprise” con una volontà di controllo, di dominazione, di svilimento e di annullamento. Prima dello schiaffo che inizia la violenza fisica c’è tutto un percorso di avvilimento della donna. Quante volte sentiamo di uomini che sviliscono la donna, le danno della incapace, pretendono di controllare la vita della donna stesa. E quando vedono una qualunque ribellione passano alla violenza fisica.
Non si puo, non si deve, parlare di raptus o di “amore malato”. Il violento ha in sé una strategia di dominio che sfocia nella violenza fisica ma che é violento alla base. Ed è un fatto “culturale”, che la stessa società ha difficoltà a riconoscere. “Signora suo marito le ha dato uno schiaffo perché lei l’ha esasperato. Stia tranquilla e vedrà che non la mena più”. Queste parole non sono inventate ma reali, e non sono un’eccezione. E i processi per “violenza domestica” viaggiano sul filone di quelli per stupro, ossia si accusa la vittima. Invece va capito che il problema siamo noi uomini, che dobbiamo sempre non sentirci assolti a prescindere e dobbiamo lottare perché la mentalità di possesso maschile sia superata. La donna non è una proprietà! E non si dica che il violento è un malato. È un modo odioso che mi dà una “colere noire” per il suo negazionismo assassino
