Villa Rolandi Ricci a Forte dei Marmi
di Curzio Vivarelli
Solito appuntamento pomeridiano con la piazza centrale del Forte e poi al pontile per comprendere a fondo il paesaggio. Nello studio di questo mi sono imbattuto sul titolo di un libro che devo prima o poi consultare. È un testo del celebre caricaturista e pittore novecentista Enrico Sacchetti e ha titolo
I luoghi comuni del paesaggio italiano.
Edito nel 1931, in piena fioritura della pittura metafisica!
Dopo la passeggiata sul pontile e lungo il viale a mare tornai in paese a occhieggiare le stradine. Tutte molto ben tenute e pulite. All’anarchismo dell’architettura che sembra in effetti non aver qui un tipo preciso fanno da contrappunto l’ordine e la cura dei marciapiedi e delle facciate nonché delle vetrine dei negozi e dei caffè. Per l’anarchismo va detto che molti edifici furono danneggiati dal passaggio del fronte quando il Forte fu la prima retrovia dietro la linea gotica e la ricostruzione avvenne con la piatta regolarità caratteristica delle case anni cinquanta.
Si perse naturalmente ogni anima metafisica dalle vie ma restando i fabbricati bassi almeno non si giunse alla catastrofe degli alveari senza miele edificati altrove in riva al mare.
Tornai presto al mio alloggio e ripresi a lavorare colla piuma, l’inchiostro e preparandomi dei fogli multipli di carta assorbente usando varie salviette prese al panificio. In una cartoleria chiesi della carta assorbente ma la commessa mi guardò stralunata e sorridendo mi disse che forse sua nonna ne aveva conservato qualche foglio sui vecchi quaderni di scuola elementare!
Chi fa da sé fa per tre e ora ho dei fogli a vari strati fatti piegando e ripiegando a quadri la carta velina. Funzionano benissimo per assorbire l’inchiostro ed evitare le continue sbavature nel segno.
Disegnai un Pinocchio sbalordito e futurista che mi riprometto di colorare con i pastelli ad olio regalatimi dalla madre tedesca a Lacona.
E da un’altra fotografia sul libro di storia versiliana trassi un’altra e più completa prospettiva della villa Rolandi Ricci.
La prospettiva ora era di fronte e nella fotografia si vedeva bene il monte Gàbberi che vigila sulla breve pianura che digrada al Lido di Camaiore. Nell’immagine leggevasi abbastanza bene l’articolazione dei fabbricati in due corpi separati con logge e loggette attigue e con la bella torretta osservatorio oggi scomparsa. Simpatica l’asimmetria alla cancellata: i due pilastri a lato sormontati dalle “Rificolone” da accendere quando arrivano ospiti distano senza regola comune dai pilastri che sorreggono la tettoia sopra i due battenti del cancello in ferro battuto.
Gli scarabocchi a tema villa Rolandi Ricci sottintendono naturalmente le mie riflessioni su dottrina dello stato, esuberanza littoria, conflitto e intrigo che continuano e ora si esprimono nel segno a piuma sulla carta di banca. Non disegno infatti edifici monumentali alla Piacentini ma mi soffermo sulle casette…
E villa Rolandi Ricci da casetta cresciuta a Villa è significativa della prammatica filosofia e del rubesto sentire carducciano del senatore che qui abitò e qui dette prove di coraggio e intelligenza.

