Ustica: la versione di Mario Scialoja
di Mario Scialoja
LA REPUBBLICA SPARA GROSSO “ECCO LA VERTA’ SU USTCA”. MA RIPETE COSE ORMAI NOTE DA ANNI.
Avendo lavorato molto a lungo, e intensamente, sulla strage di Ustica, mi sono precipitato a leggere le quattro pagine di la Repubblica di oggi, con l’intervista a Giuliano Amato.
Delusione, tutte cose già note da tempo e quelle che erano ipotesi (molto attendibili) rimangono ipotesi. Rafforzate dalla convinzione di Amato.
Del missile sparato probabilmente da un caccia francese decollato da una portaerei o dalla base militare corsa di Solenzara avevo scritto sull’Espresso nella seconda metà degli anni ’80 (e Andrea Purgatori sul Corriere della Sera).
Quanto alla presenza di almeno tre aerei attorno al DC9 Itavia abbattuto, è stata indicata per la prima volta, qualche settimana dopo il fatto, da uno dei più autorevoli esperti aeronautici USA.
Si era saputo che il governo italiano aveva chiesto agli americani di mandarci un loro specialista in tracciati radar e venne per qualche giorno John Macidull, che lavorò su quanto gli mise a disposizione la nostra Aereonautica.
Si seppe che fece una relazione, ma il risultato venne tenuto segreto e, comunque, rimase fumoso.
Allora pensai che poteva essere una buona idea andare a parlare con Macidull. Lo rintracciai alla periferia di Washington e fu piacevolmente cooperativo. Si capiva che non era per niente soddisfatto di come in Italia era stato “coperto” il suo lavoro. Mi fece vedere dei tracciati radar e mi spiegò come leggerli.
In sostanza, la situazione che interpretava era quella del DC9 che volava seguito da vicino da un velivolo più piccolo (un caccia) e, improvvisamente due altri caccia provenienti da occidente incrociavano la rotta dell’aereo di linea, passandogli vicino, uno davanti alla prua e l’altro dietro.
Naturalmente raccontai tutto sull’Espresso. Quindi, qualche mese dopo quel maledetto 27 giugno 1980, lo scenario della battaglia aerea, col Mig “nascosto” in coda al DC9 e i caccia (francesi ? americani ? italiani ? comunque Nato) che sparano il missile era già stato delineato da Macidull. Quando le autorità italiane, militari e politiche, continuavano a depistare con l’ipotesi della bomba esplosa a bordo (quella del cedimento strutturale era stata rapidamente abbandonata).
Adesso, nella sua intervista, Giuliano Amato ripete cose ben note e ribadisce che l’ipotesi più probabile sia che a sparare il missile siano stati i francesi. Ma rimane un’ipotesi: “la versione più credibile”, dice Amato. Troppo poco.
Dove, invece, ci sono già da tempo certezze è nella vicenda del Mig libico precipitato in Sila. Si diceva che era caduto per mancanza di carburante una ventina di giorni dopo il dramma di Ustica.
Molto, molto strano. A me, e al mio collega Ficoneri col quale feci le inchieste, sembrò decisamente poco credibile che il fatto del DC9 e quello del Mig caduto nel vallone di Timpa delle Megare non fossero collegati.
Andammo un paio di volte sul posto, vedemmo la carcassa del Mig, parlammo con vari abitanti della zona e col sindaco di Castesilano, tutti più o meno terrorizzati e reticenti. Capimmo da molti indizi che erano stati convinti a mentire e posticipare di una ventina di giorni la scena della caduta del Mig.
Ma, all’epoca, l’indicazione risolutiva venne quando andai a parlare con i due medici (li trovai all’ospedale di Grosseto) che avevano fatto l’autopsia sul pilota del caccia libico.
Spiegarono, con foto, che lo stato di decomposizione del cadavere non era compatibile con l’esposizione di pochi giorni al caldo silano. Sembrerebbe, dissero, che il corpo sia stato tenuto in un congelatore e poi rimesso nella carlinga del Mig tre o quattro giorni prima del falso ritrovamento.
Tutto venne riferito sull’Espresso in numerosi articoli. E, anni dopo, due report dei Servizi USA confermarono questo scenario.
Dell’affaire Mig parlai spesso col giudice Rosario Priore, titolare dell’inchiesta Ustica, che era interessatissimo ad ogni particolare e col quale stabilii una sorta di collaborazione.
Quindi Amato nella sua lunga intervista rivela ben poche novità. Anzi, nessuna.
Ricordo anche che quando, nel 1994, Claudio Rinaldi (venendo da Panorama) assunse la direzione dell’Espresso, entrò nella mia stanza e poco amorevolmente mi disse: “compagno Scialoja, sinora hai scritto quasi ogni settimana su Ustica, adesso basta, scordatelo”… Ma è un peccato mollare proprio adesso. cercai di ribattere. E lui, “ormai si sa tutto, potrai scrivere solo per dire chi ha sparato il missile”, tagliò corto.
Non fu proprio così, qualche articolo lo scrissi ancora, ma in un certo senso aveva ragione. Nel 1994 su Ustica e Mig in Sila si sapeva quasi tutto. Menzogne, coperture e depistaggi compresi.
Non c’era però un elemento di prova, o una confessione, su chi avesse lanciato il missile.
E, malgrado Amato, ancora adesso non ci sono.
Così adesso ai misteri che incombono sul DC 9 Itavia, precipitato il 27 giugno 1980 nel mare di Ustica, aggiungiamo quello altrettanto oscuro dell’intervista di Giuliano Amato, non precisamente un signor Nessuno nella vita politica italiana.
L’intervento del cosiddetto dottor Sottile, oggi 85enne, ha fatto rumore in Italia e in Francia, anche se non aggiunge nulla di nuovo, come qui precisa l’ottimo Scialoja, non porta alcun elemento diverso se non personali deduzioni.
Non credo che un personaggio come Amato, peraltro contraddicendo sue precedenti versioni dei fatti rese agli inquirenti, si muova casualmente. Mi sorge una domanda: a chi giova?
Le sue dichiarazioni, che vanno contro NATO, Francia e Stati Uniti, vogliono forse interferire nell’attuale conflitto armato in Ucraina? Assecondando un’opinione pubblica italiana e continentale sempre più largamente ostile alla guerra in atto nel Sudest d’Europa? Se questo fosse mai l’intendimento, considerando l’attuale politica internazionale molto delineata, credo sia un tentativo del tutto velleitario.
Opportunamente e con intelligenza Giorgia Meloni ha già messo al riparo il governo italiano da “perturbazioni” provenienti da Oltralpe, che possano alterare le ripristinate e utili buone relazioni con Parigi, invitando Amato a precisare gli elementi in suo possesso diversi dalle semplici deduzioni.
Vedremo ma dubito che il caso, riproposto dopo 43 anni sulla prima pagina d’una testata giornalistica, la Repubblica, ogni giorno ostile al governo, possa presentare novità.
Pier Paolo Meneghini
4 settembre 2023