Unione Popolare

di Salvatore Romeo

Unione Popolare non ha raggiunto il quorum, fermandosi a metà strada. Il risultato viene spiegato da alcuni suoi dirigenti soprattutto con i tempi strettissimi della campagna elettorale. È un elemento, ma a me non sembra il più essenziale. L’orizzonte temporale su cui modulare l’analisi non può che essere più ampio, e il soggetto su cui concentrare l’attenzione meno circoscritto.

Quel risultato è in sostanza il frutto di quindici anni di tentativi (non tutti ugualmente validi) abortiti di dare corpo a un’aggregazione politica nel campo della sinistra radicale. Ognuno di quei progetti è entrato in crisi all’indomani delle elezioni, provocando ad ogni occasione una dispersione di forze che ha reso il tentativo successivo ancora più fragile. I gruppi dirigenti che non hanno colto tale dinamica nell’arco di tutto questo tempo portano una grave responsabilità – ma i militanti (fra cui il sottoscritto) che li hanno assecondati non sono del tutto esenti da colpe.

Ora la vera prova del nove è su questo terreno. Aspettarsi un’inversione di tendenza nelle urne, alle condizioni date, era eccessivo; necessaria è invece un’inversione di tendenza nella costruzione politica, per evitare di reiterare un’insensata (e sempre meno sostenibile) fatica di Sisifo. Questo vuol dire, anzitutto ed essenzialmente, non dismettere Unione Popolare, e anzi consolidarla.

Un impegno particolare è richiesto ad ogni attivista, soprattutto quelli impegnati nelle organizzazioni che hanno dato vita alla lista. Esercitare anche sui nostri dirigenti e su noi stessi la critica che siamo così bravi a rivolgere agli altri; attivare le nostre intelligenze e le nostre energie per comprendere quello che ci sta intorno e individuare modi adeguati di organizzazione; armarsi di pazienza e sforzarsi di praticare la mediazione; ricercare il confronto con mondi anche molto distanti dal nostro; prendersi cura gli uni degli altri. Queste alcune delle cose da cui non si può prescindere.

La fase che si apre è gravida di incognite e di pericoli. Se pensiamo di poter dare ancora un contributo alla costruzione di un’alternativa alla barbarie non possiamo più permetterci di disperdere forze.

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