Una questione di titoli
di Fero Biely
DOTTORI, PROFESSORI, RICERCATORI ET CETERA
Trovo curiosa e fastidiosa l’approssimazione e la confusione che si fanno, in Italia, coi titoli di studio e con i ruoli accademici. Ecco un elenco, probabilmente incompleto, di vizi nostrani:
1) definire “dottore” qualunque titolare di laurea (in teoria, almeno magistrale; nella prassi, spesso anche chi ha solo la triennale);
2) usare “dottore” come appellativo predefinito formale, senza sapere se la persona cui ci si riferisce sia in possesso (almeno) di una laurea (come se esordire, in un’ email, con “Sig. ra Rossi…” fosse un’offesa);
3) usare lo stesso vocabolo (“professore”) per definire tanto gli insegnanti di scuola secondaria (di primo e di secondo grado) quanto i docenti universitari (di prima e di seconda fascia);
4) nella prassi, usare “professore” per qualsiasi docente che insegni all’universita’, anche chi alla categoria “professore” (associato, straordinario, ordinario, emerito) non appartiene (ricercatori, docenti a contratto, etc.);
5) nella prassi, chiamare “professore” un medico “di grido”, a prescindere dal fatto che insegni all’universita’;
6) nella prassi (dei media, soprattutto), definire “ricercatore” chiunque svolga attivita’ di ricerca (e talora perfino chi NON svolge, propriamente, attivita’ di ricerca), a qualunque livello e contesto: in questi giorni leggo l’etichetta associata a Patrick Zaki, che non mi risulta essere incardinato come ricercatore presso nessun ateneo italiano ne’ ricoprire un ruolo equipollente presso un ateneo di ricerca straniero o presso un istituto di ricerca non universitario, italiano (per es. CNR) o straniero. Zaki, se non mi sbaglio, non ha neppure un dottorato di ricerca (ossia il titolo di studio propedeutico alla carriera da ricercatore), ne’ ha lo status di dottorando (che comunque non e’ quello di un ricercatore). Neanche il povero Regeni (per restare nell’ambito dei complicati rapporti italo-egiziaani), che almeno dottorando lo era, era un “ricercatore”, sebbene quasi tutti i media lo definissero tale. Non semplifica il quadro l’aver soppresso la figura del ricercatore a tempo indeterminato e aver introdotto quella a tempo determinato, di cui per altro si distinguono due sottoclassi;
7) nella prassi, alle figure accademiche di rango meno elevato (laureandi, laureati in attesa di iniziare il dottorato, dottorandi, dottori di ricerca non ancora strutturati, cultori della materia, talora perfino ricercatori e professori associati) che collaborano con un docente (quasi sempre ordinario) di riferimento, sono definite “assistenti”, sebbene il ruolo di “assistente” sia stato soppresso diversi decenni fa (cosa che molti ignorano).
Alcune di queste abitudini non sono esclusivamente italiane (“profesor”, in spagnolo, designa un ventaglio di professioni anche piu’ ampio di quelle che designa “professore” in Italia; “Professor”, negli Stati Uniti, puo’ applicarsi a vari livelli accademici, sia pur accompagnato da un aggettivo); l’insieme, tuttavia, non l’ho mai riscontrato da nessun’altra parte e in nessun’altra lingua.