Una archeologia delle scienze religiose

di Igor Baglioni

Qualunque sia il valore di queste osservazioni, esse restano il prodotto di una reinterpretazione. All’occorrenza è il rito – ossia la liturgia cristiana – a orientare l’applicazione della griglia interpretativa, fornendo i punti di riferimento nella lettura dei dati, introducendo una terminologia, proponendo audaci accostamenti che fanno sí che le feste indigene siano assimilate alla Pasqua e alla Quaresima. Il sumo pontífice indigeno benedice e consacra la statua del dio Huitzilopochtli, mentre l’antica statua viene distrutta e i suoi resti trasformati in preziose reliquie, oggetto di contesa tra i presenti. In altro luogo, la consumazione del corpo del dio è concepita come una forma di comunione. Gli antichi peruviani si sottomettevano a delle penitenze “quando avevano peccato commettendo qualche offesa…”. Disinvoltura linguistica e propensione all’analogia e a ciò che è familiare trasformano ancora una volta gli accostamenti in identificazioni. Si vede quel che ci s’aspetta di vedere. Gli automatismi culturali legati all’osservazione hanno partita vinta senza che l’osservatore ne abbia mai coscienza. Al punto che, in alcuni casi, questi intraprende il percorso inverso e, dopo aver scambiato gli accostamenti abbozzati per similitudini profonde, cerca di risolvere l’enigma della loro origine, come fa Acosta quando riduce gli elementi comuni così individuati a una parodia satanica.

Carmen Bernand – Serge Gruzinski, Dell’idolatria. Un’archeologia delle scienze religiose, a cura di Duccio Sacchi, tr. it Torino 1995, p. 79.

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