Un italiano a Londra

di Dino Aru

Nove anni a Londra. Prima e seconda parte.

Oggi Facebook mi ha riproposto dei ricordi, in particolare delle foto fatte dopo pochi mesi dal mio arrivo a Londra. Era il 29 novembre del 2013, ricordo ancora la mia paura nell’affrontare questa nuova avventura. Non ci avevo pensato tanto, né avevo programmato questo cambiamento. Come tante altre volte ho seguito semplicemente il mio istinto e le sensazioni che sono il sale della mia vita. Venivo da due anni abbastanza deludenti in ambito lavorativo e sapevo che nella mia città avrei avuto difficoltà a trovare un impiego. L’idea di partire me la diedero delle persone anziane che conobbi in un noto Hotel di Villasimius. A quel tempo facevo l’aiuto bagnino, lavoro che avevo trovato dopo la mia fallimentare esperienza nel campo del commercio. Grazie a quel lavoro entrai in confidenza con i clienti dell’hotel, tutte persone anziane e alcune anche molto acciaccate. Io, mezzo depresso, le guardavo arrivare in spiaggia a passo lento e mi chiedevo: Come fanno ?! Sono veramente messi male , eppure hanno tutta questa energia?! Poi guardavo me e mi veniva da piangere per come mi sentivo inutile. Entrai in confidenza con alcuni di loro, in particolare con una coppia di clienti svizzeri. Raccontai la mia brutta esperienza, e dissi loro che ero molto preoccupato per il mio futuro. Loro più di altri iniziarono a stimolare l’idea di cambiare Paese . Giorno dopo giorno, quando potevo, stavo con loro a parlare, e ogni volta mi sentivo più motivato. Quando finì la stagione ai primi di ottobre iniziai a pensarci seriamente. Non sapevo dove, ma sapevo che sarei voluto partire. Il primo Paese che mi venne in mente fu la Spagna, ma mi rendevo conto che tra Spagna e Italia la situazione non era poi così diversa. Per settimane entrai un po’ in confusione. Non sapevo dove andare o come fare per partire. Poi una mattina mi chiamo’ un ragazzo di Cagliari conosciuto in hotel. Mi disse che lui sarebbe partito per Londra il 29 novembre per un corso d’inglese di sei mesi.

Non ci pensai due volte, feci subito il biglietto, sola andata. Ora dovevo cercare un alloggio e un lavoro. Iniziai dall’alloggio. Sapevo che un conoscente aveva vissuto a Londra, lo contattai e mi feci dare il numero di un’affittacamere. La contattai, ci mettemmo d’accordo, era amica del ragazzo di Oristano che mi aveva dato il suo numero. Per un paio di notti non riuscii a dormire bene, pensavo a questo salto nel buio che stavo per affrontare, andare in una città di otto milioni di abitanti, una metropoli… ero un vulcano di sensazioni positive e di paure al tempo stesso. Dopo averlo comunicato alle persone a me più vicine, i miei fratelli, lo comunicai ai miei amici, e per la mia partenza organizzai una cena. Ho sempre dato importanza alle amicizie vere, mi è sempre piaciuto condividere la mia felicità con loro. Durante la vita certe amicizie che credevi importanti si perdono, e non per forza per un litigio o una delusione ( anche se ci sono state anche quelle) ma perché viene naturale non cercarsi più. Comunque alla cena c’erano le persone per me importanti. Ricordo che fu una serata molto bella ed emozionante. Ero eccitato, curioso di andare in un Paese con una lingua diversa, con una cultura diversa… E di queste mie curiosità e preoccupazioni ne parlai con loro. Erano tutti più o meno felici della mia partenza, ma tutti erano altrettanto convinti che non sarei rimasto a Londra a lungo. Solo dopo un anno mi hanno confessato che avevano fatto un toto scommesse suIla durata della mia permanenza. Il più ottimista disse tre mesi, il più pessimista una settimana.

Morale della favola dopo tre anni alcuni amici sono venuti a trovarmi per un weekend a Londra. Fu il regalo più bello che mi potessero fare. Tornando a quel 29 novembre 2013…atterrammo a Gatwick verso le 17 o 5 pm come usano qua. Prendemmo un grande bus direzione Victoria Station ( una delle più grandi di Londra) dove ci aspettava un conoscente di Oristano che viveva nella metropoli da anni. L’appuntamento era per le 6.30 pm circa. Purtroppo a causa del traffico arrivammo alla stazione con 40 minuti di ritardo. Il ragazzo che era con me trovo’ subito i suoi amici e se ne andò. E ora ?!?!? Andai avanti e indietro per cercare il ragazzo che avrebbe dovuto essere lì ad aspettare il mio arrivo, ma non c’era. Nel frattempo centinaia di persone mi passavano vicino. Provai a chiamarlo ma col mio numero Italiano non riuscivo nemmeno a far squillare il suo cellulare. Entrai in un negozio Vodafone per provare a risolvere la situazione ma capii subito che non sarebbe stato facile…Mi resi conto solo dopo, che era già passata un’ora e non sapevo cosa mi aspettasse. Non so perché ma non mi feci prendere dal panico. Mi spostai su un lato meno trafficato della strada per riordinare le idee. E mentre pensavo a tutte le possibili soluzioni vidi una ragazza con una valigia che arrivava . Giuro, non so perché abbia fermato lei, ma così feci. La fermai e dissi: Sorry…! E lei senza farmi dire altro disse: Sei Italiano? Si risposi, sono un po’ incasinato, mi potresti aiutare? . E lei: sei anche sardo vedo, anzi sento -:). Si sono sardo, anche tu? Si, sono di Assemini, vivo a Londra da tre anni, certo che ti aiuto!

Non potete immaginare quanto mi tranquillizzarono quelle parole. Mi aiutò a comprare un “oyster” una scheda pre pagata che ti consente di viaggiare con i mezzi pubblici, come bus, overground, underground, treni….. Acquistò una scheda inglese, e soprattutto mi accompagnò dove il mio amico lavorava. Entrammo nella metropolitana di Victoria Station e arrivammo dal mio amico. La ringraziai tantissimo per quello che aveva fatto per me. Ci salutammo e poco dopo raggiunsi il mio amico. Qui viene il bello perché lui era già al lavoro. Mi diede le chiavi e disse: questa è la cartina delle linee della metro, devi andare in questa direzione, scendere qua e poi……. Insomma avevo capito che avrei dovuto cercare da solo la strada per trovare la casa. E ci riuscii dopo quasi un’ora.
Nei giorni successivi mi trasferì nella nuova stanza, in una zona a nord di Londra, a Wood Green per l’esattezza. Mi sistemai nella mia stanza, nella stessa casa abitavano altre tre persone. Era la prima volta che capitava di abitare con degli estranei, ma la cosa non mi disturbava affatto. Feci subito la loro conoscenza, e grazie ad uno di questi ragazzi ebbi la mia prima opportunità lavorativa. Si trattava di andare nei parchi con il furgone a vendere gelati e hamburger . Incontrai signor Alberto nel suo deposito, lui era il proprietario. Era un uomo sui settantacinque anni, alto circa un metro e sessanta, ben vestito, dall’accento campano. Per farvi capire come era, posso dire che aveva un’aria di Denny De Vito. Parlammo per mezz’ora, gli spiegai che ero appena arrivato, che non avevo mai guidato a Londra, che non sapevo parlare l’Inglese, ma che comunque mi sarei impegnato per impararlo. Lui mi chiese se avessi avuto problemi a lavorare il sabato e la domenica. Risposi che qualsiasi giorno sarebbe andato bene. Lui a quel punto mi salutò dicendomi: Allora vieni domattina alle 9; andrai in affiancamento con un ragazzo e vedrai come si lavora! Lo ringraziai tanto, ero davvero felice. Mi guardò e sorridendo disse: aspetta a dirlo, prima devi provare.
Andai in affiancamento per due giorni , il terzo giorno alle 9 mi presentai al lavoro, ma il ragazzo non c’era. Sentii la voce di signor Alberto che mi chiamava: Raimondooo…( il mio vero nome) Raimondoo … vieni qua. Mi avvicinai e lui tutto sorridente mi disse: il furgone è pronto, questo è il thermos del caffè che ho preparato per te, ora sali e vai al lavoro. Rimasi impietrito … come ? dove? quando? … Io non ho mai guidato a Londra, non ricordo la strada! Lui con un sorriso rassicurante mi disse: Questo è un navigatore, è già impostato, segui le istruzioni. Per farla breve salii sul furgone e partii , feci cinquanta minuti di strada col cuore in gola. Al ritorno sbagliai uscita e le 6 miglia che mancavano all’arrivo diventarono 18……. panico totale. Chiamai subito signor Alberto. E gli spiegai la situazione. Lui calmissimo mi rispose che non dovevo aver paura, prima o poi il navigatore mi avrebbe riportato a casa. E infatti con ben quaranta minuti di ritardo arrivai in deposito. Questo fu il mio primo lavoro, restai con signor Alberto per due anni. Di lui ho un gran bel ricordo, era arrivato a Londra negli anni sessanta con una valigia piena di speranze. E dopo diverse esperienze ebbe l’idea di vendere i gelati nei parchi e di fronte alle scuole. In pochi anni costruì un piccolo impero. Grazie alla disponibilità di lavoro che c’era e alla possibilità di guadagnare bene, lo raggiunsero dalla Campania anche i suoi due fratelli. Oggi distribuisce gelati all’intera parte nord di Londra e possiede due ristoranti. Pur avendo raggiunto il successo e’ rimasto un uomo umile e appassionato al proprio lavoro. Preparava personalmente il caffè ad ogni autista e lo distribuiva insieme all’augurio di una buona giornata lavorativa. Mi ha aiutato molto averlo incontrato perché con me si è comportato come un padre. Un padre, figura che è sempre stata importante nella mia vita, ma che purtroppo è andata via troppo presto. Avrei voluto godermelo di più, mio padre.
Quel primo lavoro mi aiutò a dare nuova energia, perché comunque i primi periodi non erano stati facili. Mi sentivo solo, e non conoscevo nessuno. Camminavo per Londra…mi guardavo attorno e dicevo: quanta energia c’è in questa città… mi sentivo un puntino piccolissimo e invisibile, una sensazione strana, che però nel tempo ho iniziato ad apprezzare. Dopo l’esperienza dei gelati cambiai diversi lavori, e anche diverse case. Ho conosciuto tante persone, con alcune ho ancora un bel rapporto di amicizia. Cambiare zona e casa era sempre come un nuovo inizio. Dopo tanto girare, arrivai alla scelta fatta sette anni fa di stare nella zona nord ovest di Londra, nel Brent, esattamente a Willesden Green. Una zona non lontana dal centro ( 20 minuti di metro), con case tutte a schiera ( come nella foto) un parco bellissimo e con tutti i servizi. Sembra proprio una piccola città dentro la metropoli, un po’ in effetti come quasi tutta Londra. Ora conosco un po’ tutti, i ragazzi pakistani dell’off licence, la signora della parafarmacia, i ragazzi sardi del bar Italiano, e soprattutto a Willesden Green conobbi il mio vicino di casa Giuseppe, siciliano. Un uomo di settantacinque anni, forte, laborioso, che ha fatto tanti sacrifici per realizzarsi in un paese lontano. Anche lui arrivò negli anni sessanta. Ascoltare le sue storie è sempre affascinante,starei ore ad ascoltarlo, è un pozzo di saggezza. Poi da anni si fa arrivare dell’uva dall’ Italia e produce vino e una grappa buonissima. Quando vado a trovarlo, mi sembra di stare a casa in Sardegna. Lui per per e’ diventato come una persona di famiglia. Una figura molto importante.
Non so quanti di voi conoscano Londra, ma io, prima di conoscerla, mi immaginavo una città grigia, triste, cupa… il caos totale. Invece non è affatto così. Manca tante volte il sole, o meglio, si fa vedere per un pochino e poi tornano le nuvole…. Il tempo è instabile. In una giornata possono esserci diverse stagioni, tanto che gli inglesi dicono questa cosa per far capire la variabilità del tempo a Londra : “ Se non ti piace il tempo di Londra…aspetta cinque minuti”. Stando qua ho apprezzato tante cose, e ho realmente constatato che è veramente difficile fare vere amicizie con gli Inglesi. Sono molto diversi da noi, sono molto “friendly “nei pub, ma poi nella vita di tutti i giorni non è semplice legare , probabilmente per le diverse culture. Aggiungo anche che Londra a differenza di città più piccole ti da meno possibilità di aver a che fare con solo Inglesi.
Concludo questo poema 😛 dicendo che amo le mie radici, e mi dispiace tremendamente che il nostro paradiso chiamato Sardegna per colpa di altri, non possa darci la possibilità di vivere non dico felici, perché come dice una canzone : “felicità a momenti”, ma almeno sereni. Serenità che questo posto mi ha dato insieme all’opportunità di sentirmi me stesso, libero, leggero. E’ sicuramente una città che corre, ma corre bene. Camminare per strada e vedere la gente felice mi dà energia positiva… mi fa sentire vivo. Perché se c’è una cosa che fa venire voglia di vivere è proprio vedere la gente felice. Dopo nove anni mi sento parte di questo posto, non mi sento uno straniero. Mi sento a casa, e la mia casa è qua❤️.

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