Un candidato che divide

di Federico Smidile

Manca ormai una settimana al primo voto per il PdR e continua a ballare il nome di Silvio Berlusconi. La sua candidatura è ovviamente un successo per l’ex Cav che si è rimesso al centro della scena politica, spingendo ai margini i giovani leoni Salvini-Meloni, che dal 2018 ad oggi lo avevano marginalizzato, e costringendo il centrosinistra allargato ad M5S (almeno in teoria) sulla difensiva. Ma a parte questo, Berlusconi candidato è davvero quanto di meno accettabile vi sia al mondo.
Non tanto perché “divisivo”, anche se in una fase di unità nazionale un candidato così porta di fatto alla rottura dell’accordo del febbraio 2021 che ha condotto Draghi a Palazzo Chigi. Non un dramma, naturalmente. L’esperienza Draghi è a tempo e quindi può aver fatto il suo tempo. Non è nemmeno tanto la questione “Ruby” e le altre che ci hanno distratto in questi anni a contare, anche se certo nel 2011 la Camera ha affermato che Lui credeva davvero che la ragazza fosse nipote di Mubarak, rendendosi ridicola ma ridicolizzando anche il PdC di allora, trattato, per sua volontà, come un cretino.
Ma ricordiamo i vari lodi, che la Corte ha smontato. E ricordiamo che una persona condannata in via definitiva per reati amministrativi non è esattamente la migliore per salire al Colle. E che la stessa persona è ancora sotto processo e si troverebbe se eletto ad essere capo del CSM. Va bene che ha conflitti d’interesse Berlusconi è abituato ma mi pare eccessivo.
E poi. Chi ha creato il “populismo” di Governo? Berlusconi. Non solo “sdoganando” i fascisti (tali erano ancora nei primi anni ’90), ma anche inventando la nozione di “Governo eletto dal popolo”, che poi è diventata quello di “Lui eletto dal Popolo”, unto del Signore, inamovibile pure se la coalizione che lo sostiene volesse sostituirlo con un altro esponente della stessa coalizione. Una visione plebiscitaria della democrazia espressa da uno che almeno è Ademocrtico, incapace di comprenderne ed accettarne i meccanismi (“lasciatemi lavorare”, diceva!). Ma Berlusconi, che parlava di “teatrino della politica”, era ben organico a quella prima repubblica che poi ha finto di disprezzare.
La Legge Mammì, voluta da Craxi per lui, ha sancito un bipolio di fatto che è diventato monopolio delle TV, e non solo, quando l’allora Cav è divenuto PdC. Non mi dilungo sulla P2, né sulle strane origini della sua fortuna. Ricordo anche la sua incapacità a comprendere la crisi del 2008-11, la sua pervicace tesi del complotto europeo contro di lui (ed oggi si spaccia per responsabile leader europeista!), ricordo il suo partito dell’amore, una visione che non va presa per ironia dato che comportava un “o con me o contro di me” che scassa la stessa essenza della politica.
Questi alcuni dei motivi perché la candidatura di Berlusconi è irricevibile a prescindere dalle possibilità di elezione. Certo, questi sono i motivi per i quali tanti lo vorrebbero al Quirinale, magari gli stessi che accusano Draghi di tirannia. Una bella confusione!

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