Storia, a puntate, delle elezioni presidenziali (4)

di Federico Smidile

Quarta ed ultima parte. I tormenti senza estasi
Ciampi, Napolitano 1 e 2, Mattarella

Nel 1999 si fa avanti l’ex sindacalista Franco Marini, Segretario del Partito Popolare che assieme a D’Alema, al momento Presidente del Consiglio, punta al Quirinale. Una modalità goffa che non trova appoggi sia nella maggioranza di Governo sia nell’opposizione guidata da Berlusconi. Emerge, però, un nome di un Ministro del Governo D’Alema, ex Presidente del Consiglio, ed ex Governatore di Bankitalia. Carlo Azeglio Ciampi. Ciampi non è sgradito a Berlusconi e viene eletto al 1° scrutinio con 707 voti. Sarà la Presidenza meno turbolenta degli ultimi anni. In particolare dal 2001, quando Berlusconi otterrà un’amplissima maggioranza parlamentare, il Presidente della Repubblica si ritirerà sul Quirinale, vegliando e cercando di attenuare le mosse più “vivaci” del Presidente del Consiglio “fo tutto mi”. Per questo sarà rimproverato da sinistra per un’acquiescenza eccessiva.
Nel 2006 le elezioni politiche hanno dato una risicatissima maggioranza al Centro Sinistra e già le elezioni dei Presidenti delle Camere, in particolare di quella del Senato, ha evidenziato la combattività di un’opposizione di destra che sente vicino il ritorno al potere. Si arriva al quarto scrutinio, quando viene eletto il primo Presidente “ex Comunista”, il migliorista Giorgio Napolitano, che ottiene 543 voti. Notevole l’astensione della destra che con 343 voti lancia un segnale di non ostilità. La Presidenza Napolitano porterà agli estremi limiti l’attività del Presidente della Repubblica. Napolitano esterna ancor di più di Pertini e Cossiga, utilizza i media per spiegare le sue posizioni, si scontra con il Governo ponendo il veto sulla presentazione di alcuni decreti legge, e con lo stesso Parlamento vietando di fatto che nella fase di conversione dei decreti stessi siano inseriti elementi da lui stesso ritenuti estranei. Uno così non dovrebbe piacere al centro-destra ma la politica fa scherzi strani, nonostante “Re Giorgio” abbia certo favorito la caduta di Berlusconi e l’avvento di Mario Monti nel primo Governo di larga coalizione della nostra storia recente.
Nel 2013 la politica è ancora più in crisi. Le elezioni politiche hanno dato una “non vittoria” alla coalizione di centro-sinistra, praticamente raggiunta dal centro destra e superata dal Movimento 5 Stelle in piena fioritura. Bersani, già fermato da Napolitano nella sua richiesta di avere un incarico per formare un Governo, viene stroncato nelle prime votazioni da accordi confusi (prima per eleggere il solito Marini con la destra, poi Prodi con la sinistra, sperando in un voto pentastellato), e trappole (la carica dei 101). A quel punto, more solito, rientra in gioco Berlusconi che propone, per superare lo stallo, la rielezione di Napolitano. La Costituzione non la vieta ma lo strappo con l’uso costante è fortissimo ma viene giustificato dalla paralisi che ha colpito sia il Parlamento, con un voto che non ha indicato una maggioranza, sia la stessa elezione presidenziale, stante il NO del Movimento 5S ad appoggiare un candidato del centro-sinistra, e la stessa indisponibilità di questo schieramento a votare Stefano Rodotà, che pure dalle fila del centro sinistra proviene ma che Grillo usa come bomba per abbattere Bersani. Napolitano sarà, quindi, eletto con 752 voti e, dopo un discorso che è più un programma politico che altro, favorirà la nascita del governo Letta di grande coalizione.
Nel 2015, come di fatto annunciato, Napolitano, ingravescente etate, si dimette. Al Governo ora abbiamo Matteo Renzi, che guida una coalizione Pd-Ncd ed altri. Ncd è la puntarella di centro destra che non ha accettato il diktat di Berlusconi nel settembre 2013 e non ha lasciato il Governo (Letta), rimanendo poi con Renzi dopo il non indolore cambio della guardia. Il toscano pigliatutto, Renzi, è anche segretario del partito e capisce che per evitare di fare la fine di Bersani deve aprire alle opposizioni interne. Per questo accetta un nome condiviso, facendo saltare per aria l’accordo in atto con Berlusconi. Il prescelto è, come sappiamo, Sergio Mattarella, che non incontro il placet ma nemmeno il niet di Berlusconi, mentre il solo Movimento si ostina su un suo candidato di bandiera (la stranezza è che oggi il Movimento voterebbe in ginocchio Mattarella 2!). 652 grandi elettori mandano al Quirinale un gentiluomo che vivrà una stagione difficile nella quale, sia pure in maniera felpata, la Presidenza avrà un ruolo politico determinante, soprattutto dopo il nuovo pareggio a tre nelle politiche 2018 ed i governi girandola che stiamo vivendo, con l’aggiunta del Covid.

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