Storia, a puntate, delle elezioni presidenziali (3)

di Federico Smidile
Terza Parte. La fine della cosiddetta “Prima Repubblica”: Cossiga e Scalfaro
Proprio per riequilibrare la Presidenza ingombrante di Pertini, nel 1985 viene indicata una personalità di esperienza ma considerata piuttosto grigia (anche se esperta di servizi segreti): Francesco Cossiga. Ex Presidente del Consiglio, ex Ministro dell’Interno (durante il caso Moro), Presidente del Senato dal 1983. Un accordo che unisce anche i comunisti e che lo porta all’elezione al primo scrutinio con 752 voti. La previsione di aver eletto un notaio sembra realizzarsi per ben cinque anni. Il “Signor Cossiga Francesco” come veniva ironicamente definito appare essere il contrario di Pertini: silente, discreto, quasi inutile. Si conferma la teoria del pendolo di Manzella (mi pare): quando la politica è forte il Presidente tace, pur esercitando la moral suasion. Quando è debole sale alla ribalta. Proprio nel 1990 succede qualcosa che cambia tutto. Cossiga sente puzza di bruciato, le rivelazioni su Gladio sembrano essere dirette contro di lui. Da allora appare “il picconatore”, l’esternatore, il disturbatore quotidiano di una politica paralizzata. Con uno stile verbalmente violento Cossiga afferma la sua esistenza in vita politica. La crisi di tangentopoli lo vede quale Cassandra inascoltata. Si dimette nella primavera del 1992, ma sarà attivo sino alla fine dei suoi giorni.
Nel 1992 la classe politica non ha capito cosa sta succedendo. Tangentopoli sta esplodendo, i partiti tradizionali traballano, ma pensano di poter eleggere un loro esponente. Il cosiddetto “CAF” (Craxi, Andreotti, Forlani) che domina la politica tenta di far eleggere uno dei tre, ma un Parlamento già falcidiato dagli avvisi di garanzia li boccia e si avvita in una serie di voti inutili. Ma il 23 maggio 1992 a Capaci viene ucciso Giovanni Falcone, con la moglie e la scorta. Sull’emozione, mentore Pannella, viene proposto ed eletto un anziano democristiano, conservatore, rispettato e poco apprezzato: Oscar Luigi Scalfaro, Presidente della Camera che ottiene 672 voti e una maggioranza trasversale. Nel 1994 si scontrerà duramente con Berlusconi, che ha affermato un principio inesistente in Costituzione: quello del Governo (e del Premier) eletto dal popolo. Per questo il Cav. Presidente pretende che Scalfaro sciolga le Camere non appena caduto il suo primo Governo, dicembre 1994. Il No del vecchio conservatore scatenerà una canea d’insulti che non si placherà nemmeno dopo la morte di Scalfaro stesso.

