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Parce sepulto
Parto dalle conclusioni di uno scritto che non è certamente opera di un sostenitore di Silvio Berlusconi.
L’imbecillità umana porta a odiare una persona, anche se morta, che non riusciva a nutrire lo stesso sentimento neppure verso il suo più acerrimo avversario politico. L’imbecillità porta a confondere la mente e i diversi livelli di giudizio, non consente di sceverare le qualità umane di una persona dalle contrapposizioni politiche.
Sì, perché in tutta la sua vita l’elemento più caratterizzante di Berlusconi è stato l’empatia verso gli altri, tutti, dal più semplice di una folla anonima ai premier, ai Presidenti di Stato. Lo vediamo nelle manifestazioni di affetto post mortem, nel cordoglio popolare, nei fiori stesi a tappeto davanti alla villa di Arcore, come se fosse morta una star (ma forse è proprio così).
Da questa sua naturale e irresistibile empatia nasce un linguaggio innovativo che supera “il teatrino della politica” e “buca lo schermo”. Uomo di spettacolo, “inventa” il nuovo modo di fare televisione – commerciale prima e politica poi – , mutuato da quando giovane brillante intratteneva e cantava a bordo delle navi da crociera, interpreta il “sentiment” genuino di un popolo, sconvolge il paludoso politichese, raccoglie una valanga di voti (“Meno male che Silvio c’è”).
Dalla stessa mirabile empatia nasce la sua lucida pazzia, nel 1994: fondare Forza Italia e nello stesso tempo unire e coagulare intorno alla sua poliedrica persona di homo novus – imprenditore di successo nell’edilizia abitativa e nel calcio – quel che sembra politicamente inconciliabile: il Movimento Sociale Italiano di Fini, radicato soprattutto al Sud, con la Lega Nord di Bossi.
Stravince le elezioni del 27 marzo e compie il miracolo, tale per tutti ma non per lui evidentemente, di “inventare” quel centrodestra che oggi con premier Giorgia Meloni, dopo 29 anni da quel giorno e 11 dalle dimissioni del governo Berlusconi quater, governa la Nazione.
È questo che gli odiatori seriali di sinistra, allora destinata a prendere il potere in Italia, non perdonano a Silvio? Pochi anni dopo il crollo del Muro di Berlino (novembre 1989) e la dissoluzione dell’Unione Sovietica (dicembre 1991), nulla ormai si frapponeva agli eredi del P.C.I., l’unico partito del cosiddetto “arco costituzionale” uscito indenne da Tangentopoli, che avevano fatto la guerra a Bettino Craxi, poi costretto giudiziariamente all’esilio di Hammamet.
Anche se, pur quattro volte presidente del Consiglio, non ha minimamente inciso sulle riforme istituzionali (ha sempre trovato gli oppositori nei suoi stessi alleati: Fini, Follini, Casini), il personaggio Berlusconi ha mutato le abitudini degli Italiani e insieme tutto il mondo della politica. Non è stato proprio un moderato (celebri gli scontri con la Magistratura), ma un democratico certamente sì, e il suo popolo gli ha tributato, nella sua Milano, un applauso lungo di commiato in piazza Duomo.
Addio, Silvio
Pier Paolo Meneghini
14 giugno 2023, giorno dei funerali di Stato
Parce sepulto
Parto dalle conclusioni di uno scritto che non è certamente opera di un sostenitore di Silvio Berlusconi.
L’imbecillità umana porta a odiare una persona, anche se morta, che non riusciva a nutrire lo stesso sentimento neppure verso il suo più acerrimo avversario politico. L’imbecillità porta a confondere la mente e i diversi livelli di giudizio, non consente di sceverare le qualità umane di una persona dalle contrapposizioni politiche.
Sì, perché in tutta la sua vita l’elemento più caratterizzante di Berlusconi è stato l’empatia verso gli altri, tutti, dal più semplice di una folla anonima ai premier, ai Presidenti di Stato. Lo vediamo nelle manifestazioni di affetto post mortem, nel cordoglio popolare, nei fiori stesi a tappeto davanti alla villa di Arcore, come se fosse morta una vera star (ma forse è proprio così).
Da questa sua naturale e irresistibile empatia nasce un linguaggio innovativo che supera “il teatrino della politica” e “buca lo schermo”. Uomo di spettacolo, “inventa” il nuovo modo di fare televisione – commerciale prima e politica poi – , mutuato da quando giovane brillante intratteneva e cantava a bordo delle navi da crociera, interpreta il “sentiment” genuino di un popolo, sconvolge il paludoso politichese, raccoglie una valanga di voti (“Meno male che Silvio c’è”).
Dalla stessa mirabile empatia nasce la sua lucida pazzia, nel 1994: fondare Forza Italia e nello stesso tempo unire e coagulare intorno alla sua poliedrica persona di homo novus – imprenditore di successo nell’edilizia abitativa e nel calcio – quel che sembra politicamente inconciliabile: il Movimento Sociale Italiano di Fini, radicato soprattutto al Sud, con la Lega Nord di Bossi.
Stravince le elezioni del 27 marzo e compie il miracolo, tale per tutti ma non per lui evidentemente, di “inventare” quel centrodestra che oggi con premier Giorgia Meloni, dopo 29 anni da quel giorno e 11 dalle dimissioni del governo Berlusconi quater, governa la Nazione.
È questo che gli odiatori seriali di sinistra, allora destinata a prendere il potere in Italia, non perdonano a Silvio? Pochi anni dopo il crollo del Muro di Berlino (novembre 1989) e la dissoluzione dell’Unione Sovietica (dicembre 1991), nulla ormai si frapponeva agli eredi del P.C.I., l’unico partito del cosiddetto “arco costituzionale” uscito indenne da Tangentopoli, che avevano fatto la guerra a Bettino Craxi, poi costretto giudiziariamente all’esilio di Hammamet.
Anche se, pur quattro volte presidente del Consiglio, non ha minimamente inciso sulle riforme istituzionali (ha sempre trovato gli oppositori nei suoi stessi alleati: Fini, Follini, Casini), il personaggio Berlusconi ha mutato le abitudini degli Italiani e insieme tutto il mondo della politica. Non è stato proprio un moderato (celebri gli scontri con la Magistratura), ma un democratico certamente sì, e il suo popolo gli ha tributato, nella sua Milano, un applauso lungo di commiato in piazza Duomo.
Addio, Silvio
Pier Paolo Meneghini
14 giugno 2023, giorno dei funerali di Stato