Sergio Luzzatto e il libro su Guido Rossa

di Marzio Zanantoni

Sergio Luzzatto, storico dell’età moderna, sta sempre più trasportando la sua ricerca nell’età contemporanea o addirittura nell’attualità più stretta come dimostra il suo libro sulla incredibile vicenda del furto di libri antichi (Max Fox) di qualche anno fa presso la biblioteca napoletana dei Girolamini.

In queste settimane esce un suo nuovo libro che ci riporta agli anni di piombo, indagando la figura e la morte di Guido Rossa (“Giù in mezzo agli uomini. Vita e morte di Guido Rossa”, Einaudi, 16 Euro), l’operaio e sindacalista dell’Italsider di Genova, ucciso dalle Brigate Rosse il 24 gennaio del 1979.

Rossa era un sindacalista della CGIL e aveva denunciato alla questura un militante delle BR che aveva depositato in fabbrica volantini di propaganda. Rossa era stato lasciato solo nella sua denuncia, ma, consapevole che senza una denuncia circostanziata e firmata, gli organi giudiziari non potevano procedere, con un grandissimo senso di responsabilità aveva fatto quello che riteneva essere il suo dovere di difesa della classe operai dalle infiltrazioni terroristiche.

Luzzatto traccia di Rossa un ritratto totale, dall’infanzia alla morte, servendosi di molta documentazione inedita, messa a sua disposizione dalla vedova e dalla figlia, oltre che da vari amici e conoscenti.

Mi sembra che ci siano nel libro due “novità”: la prima è l’indagine minuziosa della esperienza alpinistica di Rossa, esperienza nota ma fondamentale nella sua vita: praticata, teorizzata e poi abbandonata nei suoi aspetti “agonistici”, con grande consapevolezza.


L’altra novità riguarda l’ipotesi che Luzzatto esprime sulla morte di Rossa. Come è noto, Rossa doveva essere solo ferito, ma uno dei due militanti delle BR, sparò deliberatamente per uccidere. Perché?

L’ipotesi più probabile che emerse è che Riccardo Dura sparò con voluta convinzione, non essendo d’accordo con la linea “morbida”, stabilita dalla direzione delle BR.

Luzzatto va in un’altra direzione, con una sua ipotesi (che non svelo) che sinceramente a me sembra campata in aria.


Nel complesso direi che Luzzatto, che ora annuncia un suo prossimo libro sulla colonna genovese delle BR, ci propone un ritratto di Rossa piuttosto neutro, poco coinvolgente per il lettore.

Le importanti recensioni uscite (Fofi, Lerner, Boatti ecc.) sono piuttosto concordi nella valutazione positiva del libro, proprio perché Luzzatto “depoliticizza” la figura di Rossa per darne un ritratto complessivo e inedito.

Tuttavia, proprio questo aspetto “metodologico” a me sembra il limite del libro.

Rossa era un uomo qualunque, come milioni di altri operai. La sua vita purtroppo sta tutta nella sua morte, perché quella morte, il 24 gennaio 1979, ha costituito una svolta storica: per chi ha vissuto quel momento, per le Brigate Rosse e per la storia del terrorismo italiano.

E ridurre questo momento in un capitolo dopo averne dedicato dodici a raccontare la vita di un uomo normale, mi sembra più un limite che un pregio.

Sarebbe interessante che giovani ventenni o trentenni leggessero il libro di Luzzatto insieme al libro della figlia Sabina, pubblicato nell’88. Non avrei dubbi nel pensare che il libro di Sabina Rossa fornisca molto di più e di meglio per capire perché ancora oggi Guido Rossa fa parte della storia italiana.

Luzzatto trascura del tutto quel libro e fa male. Io credo che per chi non c’era in quegli anni, leggere la testimonianza dell’unico brigatista ancora vivo (raccolta della figlia) fa capire molto di più chi era Guido Rossa che non i mille taccuini delle sue scalate alpinistiche.

In ogni caso è un libro da discutere, che pone problemi di metodo e storiografici. E ben vengano libri come questo.

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