San Sebastiano

di Roberto Cafarotti

Non credo che Gesù Cristo sia Dio incarnato. Semplificando, non lo credo in virtù del fatto che la mia concezione di divinità non passa per un Padre che abbia un solo figlio. Mi piace di più pensare che tutti noi lo siamo. Tuttavia penso che Gesù di Nazareth sia stato uno dei più alti filosofi mistici della nostra Civiltà. E al di là delle mie convinzioni, che lasciano il tempo che trovano, mi incuriosirebbe sapere cosa ne penserebbe quello stesso grande uomo di Nazareth, se potesse assistere al fatto che dopo la sua morte, così dolorosa e atroce e dopo il suo lascito intellettuale, così profondo e ricco d’amore, assistesse oggi, dopo oltre duemila anni dalla sua apparizione, ad un sermone di un suo ministro; anzi, uno fra i maggiori ministri della sua Chiesa: l’arcivescovo metropolita di Mosca – anche detta la terza Roma – il patriarca Cirillo I.
Durante la celebrazione di un rito religioso, egli ha definito giusta la guerra che il suo amico, moderno e sodale “imperatore” Vladimir Putin ha scatenato contro un popolo fratello, facendo strage di civili, donne e bambini innocenti, in nome di cosa?
Cirillo lo dice in nome dei valori della tradizione cristiana ortodossa contro la falsa moralità dell’Occidente e per la salvezza umana. Secondo Cirillo quali sarebbero questi falsi valori? Forse l’avidità, l’orgoglio, la protervia, la violenza, la crudeltà? No, quelle cose ci sono anche da loro, quindi sono tollerabili. No, molto peggio: contro l’amore omosessuale!

Quindi questa guerra è, secondo Cirillo, la resa dei conti del Bene contro il Male rappresentato quest’ultimo dai gay e dai valori di libertà sessuale che secondo lui – l’Ucraina succube dell’Occidente depravato – voleva imporre alle regioni del Donbass le quali, invece, eroicamente resistevano a questa invasione di Sodoma e Gomorra.
Siccome ho letto innumerevoli volte il Vangelo, non mi sono mai accorto che ci fosse una mezza parola contro i gay, solo parole di pace e tolleranza, ma anche di incoraggiamento verso qualunque forma di amore (Luca 7,47:” Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco»).

Dedico questo post a tutti coloro che in nome di una ipocrita moralità preferiscono la guerra, lo sterminio di innocenti, donne, bambini piuttosto che accettare che persone dello stesso genere decidano liberamente di amarsi. Anche per questo, sono contento di non riconoscermi in questa dottrina che di cristiano, secondo me, ha solo il nome.

Il martirio di san Sebastiano è un soggetto molto rappresentato nell’Arte. La sua storia ha elementi inquietanti e interessanti. Tutti sanno che fu colpito dalle frecce dei soldati dell’imperatore Diocleziano, alla fine del III secolo, durante la più grande persecuzione dei cristiani. La Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, del XIII secolo, è una delle principali fonti agiografiche che lo ha reso uno dei personaggi narrati con maggiore attenzione: “Allora Diocleziano ordinò di legarlo in mezzo al campo di Marte e di trafiggerlo con le frecce. I soldati lo ricoprirono tutto di frecce così che il santo non sembrava più un uomo ma un riccio”.
Sebastiano era un soldato originario di Narbona. Si narra che fosse molto amato da Diocleziano e Massimiano, i due Augusti che dominavano sull’Impero. La sua funzione era di comandante della I Coorte, quindi un militare di rango, particolarmente apprezzato. Dietro la sua funzione di ufficiale dell’esercito romano, Sebastiano però svolgeva il ruolo di conforto e aiuto delle vittime delle persecuzioni cristiane, che Jacopo da Varagine descrive, come di consueto, in maniera molto colorita.
Si narra ad esempio che due fratelli gemelli, Marcellino e Marco, in procinto di essere decapitati per il loro atto di fede, ricevessero le suppliche della anziana madre, sconvolta dal dolore, poi dal vecchio padre implorante, poi dalle mogli disperate, con i loro figli in braccio. Quindi, tutti i famigliari erano volti a supplicarli di abiurare in nome dell’affetto e della famiglia che essi, con il loro gesto di fede, avrebbero lasciato soli nella disperazione. Di fronte a queste suppliche e questo strazio, i due gemelli stavano per cedere. Sappiamo infatti che per evitare l’esecuzione l’imperatore pretendeva un sacrificio e quindi un omaggio simbolico alla propria autorità.
Nel momento di dubbio e di cedimento intervenne Sebastiano per ricordar loro i “soavi privilegi” del martirio: “O forti soldati di Cristo non vogliate rinunziare all’eterna gloria per delle misere (sic) lusinghe”. Risultato fu che i due si fecero martirizzare abbandonando ai loro destini tutte le loro famiglie. Credo che molti fanatismi religiosi estremi, che oggi noi condanniamo moralmente – e ritengo con ragione – trovino la loro più antica tradizione nella cultura giudeo cristiana.
Vediamo come, in questa tela di Perugino, l’immagine del santo è trattata con somma delicatezza. Lo sfondo scuro e la luce definiscono così morbidamente il suo incarnato. Il lieve accenno d’ombra che vela il collo, contribuisce a far risaltare dalla figura intera il volto del santo e la luce che lo inonda, creando una grande suggestione spirituale. La scelta di Perugino di creare un’atmosfera così calda e mistica, che emerge come un faro dall’oscurità, permette la concentrazione totale nella figura del santo, riportandoci ad una tradizione pittorica veneta, che possiamo ammirare in certi quadri di grande intensità mistica di Giovanni Bellini. Perugino infatti, aveva trascorso un breve ma intenso periodo a Venezia, intorno al 1484.
Quest’opera ad uso privato, devozionale – per cui si giustifica un formato così ridotto – è dipinta con grande maestria, con una modernità in cui l’artista supera se stesso proiettandosi in un Rinascimento maturo e all’altezza dei suoi grandi successori.
Perugino imprime molta delicatezza alla figura del santo. L’aspetto che ci propone non è quello di un rude soldato ma di un giovane efebo. Da questo tipo di raffigurazione si è sviluppata una tradizione che si è ripercossa nei secoli in particolare nel XIX e XX secolo. Questa tradizione ha reso San Sebastiano come una delle più importanti icone gay in ambito cristiano. Probabilmente il tipo di supplizio mediante frecce che psicologicamente riportano a simbologie falliche, hanno fatto sì che questa tradizione si consolidasse nel corso del XIX e XX secoli attraverso famosi personaggi della letteratura mondiale, da Oscar Wilde a Marcel Proust, da Federico Garcia Lorca a Tennessee Williams. Anche il cinema ne ha dato una lettura esplicita in questa chiave, come nel film “Sebastien” del britannico Derek Jarman.
Come sempre, invito chiunque a farsi una propria idea documentandosi ma lasciandosi anche trasportare dalle suggestioni che gli artisti imprimono nelle loro opere a prescindere dal rigore morale o dalle convenzioni sociali che certi schemi culturali intendono imporre alla società. Io personalmente non ho simpatia per la figura classica di chiunque accetti il martirio per qualunque tipo di fede o peggio di ideologia. Si può essere coerenti e combattere per le proprie idee in qualunque modo ma il rispetto per la vita, anche la propria, credo sia sacro. Comunque, per la cronaca, San Sebastiano non morì di frecce. Jacopo da Varagine ci dice che dopo l’esecuzione dei soldati, scomparve e riapparve nel Palazzo imperiale pochi giorno dopo, rimproverando gli imperatori per le persecuzioni dei cristiani. Fu così che l’imperatore lo fece frustare sino alla morte, e questa volta fu definitiva.
Caro arcivescovo Cirillo, visto che il San Sebastiano sensuale di Perugino ce l’hai in casa, potresti restituirlo a noi occidentali depravati che amiamo il sesso e anche l’arte.

Pietro Vannucchi detto il Perugino (1448-1523)
San Sebastiano, 1494 ca., olio su tavola cm 53 x 39. Museo di Stato dell’Hermitage, San Pietroburgo.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: