Salvatore Mannuzzu: Procedura

di Federico Smidile 
Che i libri scelgano i lettori è cosa nota. Confermata anche dal libro di Mannuzzu. A novembre ero in uno di quei mercatini dell’usato nei quali si compra e vende quasi di tutto, dai mobili agli spilli da balia. E, tra l’altro, pure i libri, a poco prezzo, spesso rovinati, sgualciti, sgarrupati. In quel mercatino garage c’era anche uno scaffale che conteneva libri scarti di scarti di scarti. Esoterici che nemmeno i no vax legherebbero, oppure per un’infanzia che ormai è morta di vecchiaia e così via. Al mio occhio orbo, però, ha fatto effetto un Einaudi, unico tra tante fetecchie. A 35 centesimi di costo me lo sono portato a casa e ho fatto bene.
Non conoscevo Mannuzzu, che ho capito essere magistrato ma poi anche deputato della Sinistra indipendente (per questo l’altro libro della foto) e, soprattutto, scrittore di noir psicologici come questo. Siamo in Sardegna, lontani dall’immagine delle estati festanti ma anche dall’arida cupezza della Deledda. Il 17 marzo 1978, un venerdì, il giorno dopo via Fani, muore avvelenato un magistrato noto tombeur de femme, appartenente ad una importante famiglia locale. Incaricato dell’indagine l’io narrante, un sostituto procuratore che si trova in quella anonima provincia sarda per punizione (non sappiamo per cosa). Senza volere, aspettando di tornare “in continente” indaga svogliatamente, scoprendo un ginepraio di veleni, tradimenti, silenzi e rancori che si trascinano da anni e che hanno portato al delitto imperfetto. Il libro merita anche per la lingua che è chiara e netta, con una costruzione spesso analoga al Sardo che la rende musicale. Insomma posso dire che il libro bene ha fatto a chiamarmi!

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