Robert Dahl, o scrivere per non vendere
di Federico Smidile
La discussione sull'”aggiornamento” dell’opera di Robert Dahl ai tempi nostri ha raggiunto vette sublimissime nel giustificare la decisione della casa editrice Fanucci.
La prima difesa è una sorta di elogio del mercato. Nel medioevo era “Dio lo vuole” ora “lo vuole il mercato”, quindi ci sarebbe poco da protestare. Anche perché Dahl scriveva per vendere, cosa che, ad esempio, Dante non faceva. Quindi avremmo due letterature, una commerciale e manipolabile, e una alta, sacra, intoccabile.
Ora, che un autore scriva per non “vendere” è difficile da credere. Dante stesso scrive la Commedia in volgare proprio per raggiungere più persone (colte) possibili. E Proust non desidera altro che pubblicare ed essere letto, quindi “vendere”.
Oltre a questo, che tipo di letteratura è il Lovercraft della foto? E Dumas che era pagato a parola? E la stessa saga del Signore degli Anelli? E ancora: Harry Potter in teoria si rivolge ai giovani. Cancelliamo il bullismo di James Potter nei confronti di Severus Piton, o ci mettiamo la noterella a fine pagina?
C’è anche chi ha tirato fuori la Bibbia, libro che si modifica nel tempo. Peccato che le modifiche si basino sulla esegesi, sullo studio dei testi, sui confronti tra le traduzioni e non certo su qualche moralismo moderno. Infine: questa invasiva modifica servirebbe per aiutare i giovani a capire. Capire cosa se le parole scompaiono ma le cose restano? Come può una persona capire che dire “brutto” ad un altro è sbagliato se si cancella la parola? Ma poi, siamo ancora alla “protezione del giovine”? Alla tutela del lettore? Tutte giustificazioni ridicole e che non reggono!
