Paolo Grossi e la spina dell’istrice. Ricordo di un Maestro
di Guido Melis
Avro’ avuto poco piu’ di 30 anni ed ero da poco professore ordinario (i primi 3 anni allora ci chiamavano “staordinari”) quando conobbi Paolo Grossi. Mi invito’ a Firenze, dove aveva cattedra, a parlare dei miei studi sulla burocrazia.
Fu un incontro, per me giovanissimo, indimenticabile. Pretese di accogliermi di persona, lui che era gia’ un riconosciuto maestro, venendo ad aspettarmi alla stazione di Firenze; e per riconoscermi, dato che era la prima volta che mi vedeva, porto’ con se’ un ex “sassarese”, il collega romanista Bernardo Santalucia.
Dritto, quasi solenne, piantato a schiena diritta all’inizio del binario, incuteva sin dal primo acchito rispetto e un po’ di soggezione. Irreprensibile nei suoi inappuntabili completi grigi, calvo, occhi vivacissimi, ti avvolgeva con le parole, investendoti con quel “parlar gentile” che hanno in dono naturale i toscani.
Mi condusse subito in albergo, volle attendermi e poi, mi pare con un piu’ giovane collega, mi porto’ a cena in auto, in un raffinato ristorante toscano in collina. L’indomani un’aula piena dei suoi giovani allievi e studenti ascolto’ in religioso silenzio la mia relazione, e la discusse.
Poteva bastare, per un professorino di primo pelo com’ero io. Anzi era sin troppo. Ma lui mi strappo’ con cortese insistenza un’altra giornata, mi carico’ sulla sua auto e – soli noi due – mi condusse da guida impareggiabile a scoprire le delizie e i misteri della via Chiantigiana, tra cipressi e vigneti.
Qui accadde il piccolo episodio che poi tra noi chiamavamo, sorridendone, della spina dell’istrice. Una lunga sottile spina caduta sulla strada, che io non riconobbi, essendomi ignota l’istrice. E una piccola lezione godibilissima che lui allora volle regalarmi sull’animale, le sue abitudini e persino le sue presenze nella tradizione popolare e letteraria toscane.
Capito’ che molti anni dopo Paolo fosse eletto presidente della Corte costituzionale. E che io gli telegrafassi: “Chi l’avrebbe detto, a partire da quella spina d’istrice?”. E lui pronto (aveva la battuta fulminante): “Caro amico, ben altre spine trovero’ in questo Palazzo”.
Paolo Grossi e’ stato un grande intellettuale italiano. Coltissimo, ben altro di quell’uomo “di un solo libro” come amava definirsi con understatement. Storico del diritto eccelso, attento studioso delle radici profonde,comunitarie prima che normative e dottrinarie, del diritto, ha lasciato opere di grande rilevanza.
Ma specialmente ha fondato una scuola prestigiosa di giovani allievi oggi tutti in cattedra, introducendo due grandi novita’ che vanno ascritte a suo merito: non si e’ piu’ fermato,come era tradizione accademica, al diritto medievale (lui che di quel diritto era insigne maestro), ma ha promosso,incoraggiato e sviluppato studi di storia del diritto moderno e anche contemporaneo; e poi ha organizzato la ricerca.
Questa e’ stata una sua eccezionale conquista che lo ha distinto da altri pur validissimi colleghi. Ha fondato e consolidato una rivista prestigiosa, i “Quaderni fiorentini”; ha creato una collana di monografie; ha promosso una serie impressionante di convegni scientifici; ha intrecciato un percorso internazionale di studi nel quale ha mobilitato studiosi stranieri tra i migliori. Lo caratterizzavano le sue curiosità, la passione per le zone inesplorate del diritto e il senso profondo della complessità della storia.
Poteva capitare (mi capito’ durante un confronto recente a Radio Radicale) di dissentire (il caso riguardava la sua avversione alle codificazioni). Ma era comunque interessante sempre parlarci, suggestivo seguirne i ragionamenti mai banali .
Paolo e’ stato insomma quel che si dice un grande maestro della scienza giuridica.
E come tale lo ricorderemo sempre.
Quanto a me, la sua spina dell’istrice restera’ nella mia memoria, profondamente infitta .
Ho conosciuto Grossi ad un’ orazione inaugurale dell’ Anno Accademico a Ferrara. Aveva una cultura non solo giuridica straordinariamente ampia e approfondita.