Occorre fare chiarezza sulle Foibe

di Marco Vigna
Hanno provocato forti critiche le parole sulle Foibe di Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena.
Malgrado ciò che si potrebbe immaginare e che taluni hanno detto, si sono mostrati comunque in disaccordo, argomentato e ragionato, anche autori lontanissimi dalla cosiddetta “destra”- qualunque cosa significhi questo termine- fra cui: 1) Raoul Pupo, ritenuto il maggiore esperto delle foibe e certamente insospettabile di “fascismo”; 2) Gianni Oliva, studioso senz’altro di sinistra, che ha scritto un intero libro sulla guerra Italo-Jugoslava; 3) Mauro Gialuz, proveniente da una lunga militanza nella sinistra di Trieste ed attualmente presidente dell’Istituto Regionale per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea del Friuli-Venezia Giulia; 4) Patrick Karlsen, direttore del medesimo Istituto.
Il discorso di Montanari appare discutibile sia a livello fattuale, sia interpretativo. Ad esempio, il totale dei morti italiani, uccisi durante la pulizia etnica di Tito, arriva almeno a 12.000, perché oltre agli infoibati in senso proprio si debbono considerare coloro che sono stati annegati, fucilati, o sono deceduti di fame o per malattie nei gulag, etc.
Non si capisce poi sulla base di quale criterio Montanari confronti le dimensioni quantitative di Shoah e Foibe. Una comparazione più corretta metodologicamente sarebbe fra i morti del nazismo e quelli del comunismo, senza separare le Foibe dalle molte decine di milioni di morti provocati dal comunismo nel mondo. Gli ebrei italiani furono una parte delle vittime di Hitler, esattamente come gli infoibati furono solo una parte delle vittime di Tito e delle dittature comuniste in generale.
Il dibattito su Montanari ha provocato inoltre la comparsa o meglio ricomparsa di accuse contro l’Italia che circolano da molti e molti anni, ma che non hanno mai avuto alcun credito manco da parte di storici di sinistra, come l’ipotesi che il Regio Esercito Italiano avrebbe fatto centinaia di migliaia di morti in Jugoslavia e che i fascisti avrebbero gettato gli slavi nelle Foibe.
I morti slavi (sloveni, croati, serbi) per azioni belliche italiane durante la guerra italo-jugoslava furono fra i 10.000 ed i 20.000; questo in un conflitto che fece oltre un milione di morti, secondo alcuni storici due milioni. Considerando le dimensioni del popolo sloveno, se i fascisti avessero fatto centinaia di migliaia di morti solo fra di loro, allora gli sloveni avrebbero dovuto estinguersi del tutto in Venezia Giulia e nella provincia autonoma di Lubiana, le uniche regioni con popolazione (parzialmente) slovena sotto il controllo italiano. È altrettanto assurdo poi leggere che i fascisti avrebbero gettato gli sloveni nelle foibe per anni: non è documentato un solo, unico episodio del genere.
La Slovenia italiana contava 340.000 abitanti, per cui se vi fossero stati centinaia di migliaia di morti per opera dell’esercito “fascista”, allora non sarebbe dovuto rimanere vivo nessuno o quasi. Il totale degli sloveni fucilati fu invece di 1715 (dato riportato da uno storico sloveno, Tone Ferenc, in “Si ammazza troppo poco“). Si potrebbe replicare che alcuni sloveni (e croati) morirono in campi di prigionia: il totale dei decessi arrivò a 4000 unità, fra sloveni e croati (dato riportato da Eric Gobetti, storico decisamente di sinistra ed aperto simpatizzante di Tito).
Secondo lo storico Rudolph J. Rummel, i morti slavi dovuti agli italiani furono nel conflitto circa 5000. Secondo la commissione senatoriale USA, che fece svolgere una indagine sulla guerra, sarebbero stati 8111. Si è in ogni caso lontanissimi dalle “centinaia di migliaia”.
Soprattutto, la pulizia etnica delle Foibe deve essere inquadrata in un contesto storico di lungo o, perlomeno, medio periodo, poiché essa è incomprensibile se posta soltanto nel panorama della Seconda Guerra Mondiale od anche del 1918-1945.
I contrasti fra italiani e slavi iniziarono già a metà Ottocento e per almeno mezzo secolo, dal 1866 al 1918, i primi furono duramente perseguitati dall’Impero d’Austria e dai nazionalisti sloveni e croati, suoi alleati di fatto. L’elenco delle misure volte a snazionalizzare gli italiani ed a slavizzarli sarebbe lungo: basti dire che tutto ciò che il fascismo fece dopo il 1922 contro gli slavi, i nazionalisti slavi e l’impero asburgico lo avevano già fatto prima nel 1866-1918.
Fu così che la popolazione italiana in Dalmazia perse i 9/10 dei suoi abitanti nel giro di pochi decenni.
Le Foibe sono l’ultima tappa di un processo secolare di slavizzazione e persecuzione italofoba, partito da metà Ottocento, che ha condotto alla quasi totale distruzione dell’italianità della Dalmazia e della Venezia Giulia: la catastrofe dell’italianità adriatica, secondo la definizione di Raoul Pupo.
Ha poco senso (storico) dibattere all’infinito sul ruolo del “fascismo” e sulle foibe come presunta “reazione” ad esso, se si dimentica ciò che accadde prima del fascismo stesso, che fu almeno altrettanto grave delle politiche di snazionalizzazione fasciste (anzi di più) e che provocò i contrasti nazionali degli anni ’20, prima di sfociare nella guerra Italo-Jugoslava.