Michele Bravi e Vittorio Sgarbi
di Andrea Scanzi
Da ieri vedo post strappalacrime che tratteggiano il buon Michele Bravi, senz’altro un ragazzo d’oro, perché è stato sbeffeggiato malamente dal solito caso umano che passava di lì per caso e ha mollato un peto in tivù.
Ora: sarebbe bello avere misura, nei post, ma evidentemente vale sempre la regola retorica e furbina per cui, se Adinolfi o Pillon o Peto insultano qualcuno, allora quel qualcuno diventa automaticamente Mick Jagger. Tutto ciò è avvilente, come lo è stata durante Sanremo la sopravvalutazione di Achille Lauro che meritava i peana eterni solo perché aveva fatto arrabbiare gli omofobi, “e pazienza se non ha voce” (anche se di lavoro farebbe il cantante). Una roba allucinante.
Dunque, su Bravi: il cantante ha (ovviamente) ragione totale sulla vicenda. Il ragazzo ha pure risposto con garbo raro ed eloquio puntuale, evitando di infierire anche su chi – Serena Autieri – non solo ha pensato bene di intervistare senza motivo un trapassato morale e temo finendo neuronale, ma ha pure avuto la mala creanza di ridere di fronte alle sue (orrende) “battute”. Se non sai fare le interviste, stai a casa.
Al tempo stesso, poiché parliamo (credo) di un artista, e poiché la canzone in oggetto di Bravi (una cover di Battisti) si è rivelata una delle più grandi schifezze mondiali nella storia della musica, roba che per molto meno ho visto gente “lapidata” o quasi sul palco, ci penserei un attimo prima di mettere in scena la solita litania social (a favore di algoritmo) dell’artista geniale vessato dal critico incivile.
Come a dire: l’inciviltà greve dell’insultatore è evidente, come lo è il garbo della persona offesa, ma la resa artistica – a prescindere dal vile dileggio omofobo – resta semplicemente orrenda. Si può dire che Bravi è un bravo ragazzo e ha ragione nel merito, ma al tempo stesso ha fatto una cover da vomito, oppure ormai questo paese è morto di politicamente corretto e retorica insopportabile?
