Memorie di Garibaldi

di Guido Palamenghi Crispi

Nel mettere a posto un libro ne è caduto un altro e si è aperto a questa pagina, quasi volesse che la leggessi e la divulgassi e io “obbedisco”.


“Ch’io non sia entrato nelle buone grazie della monarchia sabauda, al mio arrivo in Italia dall’America nel 1848, è cosa naturale. Ch’io abbia suscitato delle antipatie tra i suoi servitori, dal primo ministro ai generali dell’esercito e da questi agli ultimi uscieri, innestati all’esistenza del governo regio, era pure conseguenza normale degli uomini e delle cose.
Ciò che non posso esattamente spiegarmi, si è la sfavorevole accoglienza fattami da quegli uomini che possono chiamarsi giustamente i luminari del moderno periodo del risorgimento nazionale e che ne furono tanto benemeriti: come per esempio, Mazzini, Manin, Guerzoni ed alcuni de’ loro amici”.


Non credo sia necessario aggiungere i riferimenti bibliografici, anche un bambino è in grado di capire chi sia quell’ “io”.


Quel che mi affascina è la tranquillità con cui questo autore viene elogiato per quel che ha fatto, ma ignorato per quel che ha lasciato scritto che, ahimè, non coincide con la narrazione paludata e istituzionale.

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