L’ultimo giudizio di Dio: l’ordalia del 1386

di Valentina Falanga
La parole ordalia deriva dal latino medievale ordalium che a sua volta deriva dall’antico inglese ordal e significa “giudizio di Dio”. Era una prova rischiosa alla quale veniva sottoposto un accusato, il cui esito era considerato come la diretta manifestazione della volontà divina determinando il riconoscimento dell’innocenza o della colpevolezza.
A partire dal 1215 il IV Concilio lateranense condannò l’ordalia, ciò vuol dire che queste pratiche furono fino a quel momento tollerate ed utilizzate anche in seno al cattolicesimo. Per fare un esempio possiamo citare una prova del fuoco che vide protagonista San Domenico di Guzman: il santo invitò a gettare nel fuoco i libri dei catari ed i suoi. Ovviamente il libro del santo non bruciò a differenza di quelli dei sui avversari. Le pratiche ordaliche sono antichissime abbiamo testimonianze di esse tra i popoli degli altipiani iranici e mesopotamici, ad esempio presso gli Hittiti. Le ritroviamo nella Bibbia e nel Protovangelo di Giacomo. In quest’ultimo la Vergine Maria è costretta a bere dell’acqua amara per provare la sua fedeltà al marito Giuseppe, quando gli rivelò di essere incita. Questa, possiamo certamente considerarla una vera e propria ordalia!
In ogni caso, spesso erano prove pericolosissime che potevano causare traumi e mutilazioni permanenti quando non vi era la perdita della vita stessa. L’ordalia era utilizzata nel momento in cui non si riusciva a dirimere un caso giudiziario e quindi ci si affidava a Dio per la sua risoluzione.
È probabile che l’ordalia fosse conosciuta anche dai Romani ben prima che entrassero in contatto con i Germani, ma una volta crollato l’impero romano tale pratica si diffuse in tutta Europa incentivata dalla creazione dei regni romano-barbarici. Le ordalie in Europa erano praticate dai Burgundi, Sassoni, Franchi Ripuari, Longobardi. Era una pratiche riservata agli uomini liberi ed usata per risolvere contenziosi legali, era una prova all’ultimo sangue con la quale l’accusato forniva la prova della propria innocenza.
Infatti la Lex Salica o la Lex Ripuaria prevedevano che per provare la propria innocenza in caso di accusa di furto si ricorresse alla prova del calderone bollente. Durante il regno di Carlo Magno assistiamo ad un uso non infrequente delle ordalie come quella che viene chiamata “della croce”, la quale prevedeva che gli accusati restassero con le braccia spalancate fino all’esaurimento delle loro forze. Il primo che cedeva era il colpevole. Vi era anche la “prova del fuoco”, qui l’accusato doveva tenere tra le mani un tizzone ardente senza bruciarsi, le ustioni erano il chiaro segno della colpevolezza.
Nonostante il IV Concilio lateranense ne avesse sancito l’irregolarità sappiamo che una delle ultime ordalie fu combattuta nel XIV secolo in Francia. La storia è ben documentata e i protagonisti sono Jean de Carrouges e Jacques Le Gris. I due entrarono in conflitto perché Marguerite de Thibourville, moglie di Jean de Carrouges accusò Le Gris di averla violentata. Il Parlamento francese non riuscì a dirimere il caso per cui si decretò un duello all’ultimo sangue. Fu un duello si, ma anche uno spettacolo. Il 27 novembre del 1386 venne allestito nel campo dell’abbazia di Saint Martin de Champs un vero e proprio palco con spalti. Tutta la corte francese insieme al re Carlo IV di Valois, Filippo II di Borgogna, Luigi II di Borbone vi erano ad assistervi. Si ordinò di non incitare nessuno dei due contendenti: pena il taglio della mano. Il duello si concluse con la vittoria di de Carrouges e lo sconfitto una volta ferito a morte venne portato via dal boia. Il cadavere fu esposto al pubblico ludibrio e poi gettato in una fossa comune.