Luigi Vanvitelli, non solo architetto
di Nando Astarita
Sono tante le iniziative serie che avrebbe potuto varare la Reggia per celebrare autenticamente Luigi Vanvitelli in occasione del 250º della sua morte e non l’aria fritta finora andata in scena attribuendone la paternità al solito ed espiatorio Comitato gratificato addirittura di “ scientifico”.
Per esempio, invece di allestire una parodia di “ museo vanvitelliano “ che poi a giustificazione è stato definito con clamoroso autogol “ per il grosso pubblico”, avrebbe potuto mettere in luce, oltre le tante opere di Vanvitelli ubicate nel territorio casertano e rimaste letteralmente i-gno-ra- te ( mentre quelle ad Ancona si ripetute come un mantra salvifico), sopratutto
tutto ciò che rappresenta il multiforme ingegno e la variegata creatività artistica di Luigi Vanvitelli.
Purtroppo oerò, la Reggia finora ha trascurato del tutto ls possibilità di
“elogio vanvitelliano” malgrado tra i suoi costosi consulenti a certo non manca chi avrebbe puto suggerirlo in quanto avrebbe sicuramente costituito un fattore di accrescimento culturale e turistico.
Infatti, sarebbero state tante le le possibilità alternative all’architettura per far arricchire la conoscenza di uno dei più importanti personaggi del XVIII secolo e perfino sarebbe potuti essere occasione di rappresentarle in pianta stabile e non già raffazzonate per quella circostanza del 250º.
Così, per citarne una, è alquanto misconosciuto il contributo che Vanvitelli diede all’arte dell’illustrazione del libro a stampa non certo limitata alla solita “ Dichiarazione dei Disegni”.
Tutto cominciò allorché nel 1738, grazie all’intuito ed alla sensibilità culturale di re Carlo si cominciò a portare alla luce i tesori di Ercolano e Pompei. Infatti, il grande interesse esploso in tutta Europa per quella straordinaria scoperta, oltre a magnificare ancor più il,nostro territorio come meta del Gran Tour, fece crescere a dismisura anche la necessità di informazioni e di documentazione sui tesori che si andavano riportando alla luce. E poiché poi tale esigenza cresceva sempre più, re Carlo ebbe l’idea di far pubblicare, a partire dal il 1757, dalla Stamperia Reale ben 8 volumi che testimoniassero al mondo la straordinaria scoperta di Ercolano e affidò quindi proprio a Luigi Vanvitelli il compito di ideare il progetto grafico più adeguato.
E così quei volumi, arricchiti di fregi e decori settecenteschi, contengono meravigliose incisioni ad acquaforte e bulino, dettagliate e fedeli dei singoli reperti dissepolti compresi straordinari affreschi.
Inoltre Vanvitelli contribuì all’opera anche con i disegni di diciannove “ capilettera parlanti “ realizzati in collaborazione con gli incisori Carlo Nolli e Francesco Giomigniani, fra i più importanti del Regno, oltre che con la Reale Accademia Ercolanese e la Scuola di Portici. Ma ebbe un ruolo fondamentale anche la Stamperia Reale, voluta da re Carlo proprio tale impresa editoriale ed allocata nello stesso Palazzo Reale di Napoli.
Dunque i capilettera disegnati da Vanvitelli si dicono “Parlanti” perché rappresentano la rima lettera del testo del paragrafo che a sua volta
coincide con l’iniziale della parola che identifica l’immagine che può essere un oggetto, un animale, un personaggio. Quindi la singola iniziale diventa una sorta di quadretto caratterizzato da un’attenta prospettiva, una accurata composizione e ricchi effetti di chiaroscuro, Insomma, “…ogni singolo capolettera ha un preciso riferimento iconografico rintracciabile nella cultura artistica, nell’architettura e nell’ambiente che circondava il Vanvitelli.” e quindi aveste opere “ ricoprono un ruolo fondamentale nella produzione dell’architetto regio”
E fu dunque così che la scoperta di Ercolano costituisce un evento straordinario ed eccezionale non solo nella storia dell’archeologia ma anche per quello che riguarda la pubblicazione di libri grazie sopratutto al contributo di Vanvitelli all’arte dell’illustrazione del libro a stampa.
Ed allora davvero il Museo Reggia di Caserta non può continuare ad ignorare così grossolanamente il suo ideatore Vanvitelli per continuare ad autocelebrarsi enfatizzando , con apposite interviste o perfino vekibevurbi et orbi , ogni attività per quanto dovuta oppure mettendo in scena storytelling (purtroppo pare che c’è ne sia un altra in gestazione) che nulla hanno a che fare con il ruolo di affidabilità culturale che un Museo pubblico deve necessariamente avere.
