Lo spionaggio della Germania Est
di Gianluca Falanga
Lo spionaggio della piccola DDR nel mondo della Guerra fredda si è distinto non tanto per i suoi risultati, in fin dei conti non poi così eccezionali, ma per solidità tecnica e la capacità creativa, la ricerca costante di nuovi schemi, strategie e opportunità operative. La più assoluta indifferenza per i costi umani delle operazioni, non lo dimentichiamo e non derubrichiamolo a ovvio accessorio, faceva parte di questo gioco affascinante, ferocemente freddo e spietato. Per giustificare il cinico ricorso a qualsiasi mezzo giudicato utile, gli uomini di Markus Wolf ebbero un fine più forte della mera sicurezza dello Stato: combattere e vincere la guerra ideologica contro il nemico di classe.
La Scandinavia fu uno dei principali obiettivi dell’attività d’infiltrazione tedesco-orientale, Berlino est spese forze e risorse notevoli per sviluppare una sottile azione di influenza, facendo leva sulle posizioni critiche verso la Nato delle socialdemocrazie scandinave per indebolire l’alleanza atlantica, obiettivo strategico primario della politica occulta sovietica. Per piazzare le sue talpe in Norvegia l’HVA non ebbe remore a servirsi anche del cupo passato recente della Germania e della sua desolante eredità.
Lebensborn era il nome di una società controllata dalle SS, il cui scopo era accrescere il tasso di natalità dei bambini “ariani” sulla base delle teorie eugenetiche dell’igiene della “razza”. In concreto, si dissuadevano le donne tedesche ad abortire, offrendo un parto anonimo in speciali strutture e dando in adozione i neonati a famiglie di SS. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e l’occupazione di altri paesi si aprirono nuove prospettive: i bambini giudicati “ariani” venivano sequestrati dai territori occupati, portati nei centri del programma segreto Lebensborn e dati in adozione con nuove identità. Per il “sangue germanico” dei popoli scandinavi Himmler ebbe un interesse particolare, doveva servire a rinfrescare la purezza “ariana” di quello tedesco. Fu emanata persino una circolare che incoraggiava i 400.000 soldati tedeschi in Norvegia a ingravidare quante più donne norvegesi possibile, le SS si sarebbero occupate di costringere quest’ultime a consegnare i neonati.
Negli anni cinquanta la Stasi rintracciò i bambini Lebensborn che vivevano nella Germania est e rivelò loro la verità, per esempio che erano nati in Norvegia. Se questi volevano conoscere la loro vera madre naturale, la Stasi agevolava i loro sforzi per prendere la nazionalità norvegese e li lasciava partire, ma dopo averli reclutati come spie. Siccome molti si rifiutavano, decisero di cambiare strategia: insieme al KGB, usarono l’identità degli orfani Lebensborn, facendola acquisire ad agenti scelti e addestrati, infiltrandoli in Occidente, per esempio in Norvegia. La cosa, pare, funzionò.
Avendo distrutto quasi tutti i documenti operativi relativi a queste operazioni, solo una piccola parte degli agenti Lebensborn della Stasi è stata scoperta. Fino a qualche anno fa l’ente pubblico BStU che gestisce gli archivi della Stasi esortava tutti i cittadini a conoscenza di essere nati nei centri Lebensborn a rivolgersi a loro per verificare l’esistenza di un loro doppione in giro per il mondo.
Nel 2012 il regista Georg Maas ci ha fatto un film bellissimo, Zwei Leben (Due vite), una produzione tedesco-norvegese, con Juliane Köhler, davvero ben riuscito. Credo si trovi in inglese col titolo Two Lifes, e anche in francese. Ve lo consiglio!
