L’eccidio di Bucha

di Gastone Breccia

Oggi a Bucha, una ventina di chilometri a nord-ovest di Kiev. Una capitale europea.
Avevo messo una foto di cadaveri bruciati scattata ieri da Francesca Mannocchi, inviata di guerra. Ma fb ha ritenuto il mio post offensivo e pare lo abbia rimosso d’ufficio (così risulta a me, almeno).
Copio lo stesso testo con un’immagine della battaglia sul lago ghiacciato, la celebre vittoria di Aleksandr Nevskij di cui ricorre oggi il 780esimo anniversario.
A proposito dell’eccidio di Bucha, scrivevo…

Certo: bisogna indagare. Certo: è possibile che gli ucraini abbiano ammazzato i loro concittadini, poi li abbiano trascinati in un posto adatto, li abbiano bruciati, e abbiano chiamato i giornalisti occidentali perché non vogliono fare la pace.
Oppure che siano stati un po’ meno cattivi, che abbiano raccolto in giro cadaveri di vittime dei combattimenti e li abbiano messi in posa per le strade di Bucha, sempre prima di chiamare i giornalisti.

È possibile, certo. Chi ha letto Marc Bloch, “Apologia della storia”, sa bene che talvolta accadono realmente cose improbabili. Il dubbio deve essere compagno e guida di chi studia storia.

Nonostante questo, è anche necessario, fino a prova contraria, accettare la realtà che viene documentata da chi si trova sul posto. Civili ucraini sono stati torturati e assassinati in massa. Ci sono numerosissimi testimoni (ucraini sopravvissuti, ovvio) che lo confermano. I tentativi russi di negare i fatti sono per il momento maldestri (il “cadavere che si muove”, in realtà un effetto ottico causato da una goccia di pioggia sull’obiettivo, eccetera). Anche il famoso discorso del sindaco di Bucha, che il 31 marzo, appena rientrato in città, “festeggiava”, ha una spiegazione banale.

Quindi: spazio a chi deve condurre l’inchiesta, ma in attesa di eventuali improbabili smentite siamo di fronte a crimini di guerra su vasta scala commessi dai russi in ritirata. Preferirei, sotto questo post, non dover rispondere a commenti tipo “lo hanno fatto anche gli americani in Iraq”, oppure “non si vede sangue sotto i cadaveri” (lo ha detto davvero Capuozzo in tv ieri sera: ma piove da giorni, e i cadaveri sono lì da giorni). Per favore, astenersi. Chi oggi scrive cose del genere è un passo oltre la mia capacità di replica.

Aggiungo alcune note.

  1. È più che mai necessario parlare col nemico e trovare una via d’uscita. I crimini di guerra, per quanto efferati, non devono portare alla demonizzazione del nemico. Vanno puniti con la massima severità, questo è ovvio, dal responsabile che li ha ordinati fino al soldatino che li ha commessi, ma non devono impedire di cercare una via per la pace, che deve passare per una trattativa.
  2. L’alternativa a trattare col nemico è ottenere la sua resa incondizionata: la via scelta dagli USA per punire tedeschi e giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale. Se decidiamo di percorrerla, ci sono due modi: primo, trasformare l’Ucraina in una “bleeding ulcer”, come venne definito a suo tempo dagli strateghi americani l’Afghanistan, una ferita sanguinante per i russi, lasciando però agli ucraini tutto il peso della lotta. Riempiendoli di armi, denaro, informazioni, istruttori, volontari, ma lasciandoli ufficialmente soli a combattere. Questo significherà altre decine di massacri come quello scoperto ieri. Polibio chiamava la guerriglia di popolo “guerra infuocata”, “pyrinos polemos”, e sapeva di cosa parlava. Anni di orrore in attesa che i russi ne abbiano abbastanza e se ne vadano, come accaduto nel 1989.
    L’altro modo è scendere in campo contro la Russia. Qui siamo di fronte alla prospettiva concreta dell’escalation nucleare, però. E quindi è una via di fatto impraticabile.
  3. Da storico della guerra: casi simili all’eccidio di Bucha, che – ripeto, a scanso di equivoci: fino a prova contraria, l’eccidio va attribuito ai russi in ritirata, e non a un complotto demo-pluto-sion-statunitense – sono orribilmente e stupidamente comuni. Non vi faccio l’elenco dall’evo antico a ieri ma ci sono, anzi ci siamo dentro tutti, “italiani brava gente” compresi. Anche i motivi sono simili: frustrazione, paura, odio per gente “diversa”, rappresaglia, semplice scatenarsi degli istinti più selvaggi dell’uomo di fronte alla prospettiva di impunità. Siamo una brutta razza.
  4. Infine: sono sempre convinto che Putin cercherà di venirne fuori nei prossimi 35 giorni, per poter celebrare la “vittoria” il 9 maggio. Per questo ci saranno combattimenti ancora più violenti nel sud e nell’est del paese: non verso Odessa, che è fuori portata, ma Mariupol a tutti i costi, e un allargamento della zona sotto controllo russo (e “separatista”) sulla sinistra del Dnepr.

P.s. Come dicevo: oggi 780 anni fa, i russi di Aleksandr Nevskij sconfiggevano i tedeschi e i lituani sul lago Peipus (5 aprile 1242). Vi ricordate il film di Sergej Ejzenštejn? Propaganda sovietica, certo (il film è del 1938), ma un capolavoro. Quando i russi erano i “buoni”.

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