Le rivoluzioni dell’acqua

di Giuseppe Barone
La foce dell’ Irminio tra Donnalucata e Marina di Ragusa. Lungo i 50 km del suo corso questo fiume è stato uno dei protagonisti ambientali ( insieme all’ Ippari e al Dirillo nella piana di Vittoria ) delle “rivoluzioni dell’ acqua” in area iblea.
La cosiddetta “vicenda” , cioè il regolamento dei turni idrici di ogni sorgente , venne introdotta dagli Arabi nel IX secolo e fu mantenuta per un millennio per disciplinare l’ irrigazione di orti e giardini nonché per fornire la forza motrice dei mulini nelle città. Un antico Diploma normanno del 1106 attesta la concessione feudale dell’ Irminio e delle sue pertinenze da parte di Goffredo, signore di Ragusa, a favore dell’ abate benedettino e vescovo di Catania Angerio.
Con un successivo Diploma del 1140 il figlio Silvestro estese la concessione alla Chiesa catanese, attribuendole ampia giurisdizione sulle acque del fiume “ad molendum et irrigandum pro cocumeris, hortis et linearis” . Un medioevo ricco, quello ibleo, con un’ agricoltura orientata sin dalle origini alle coltivazioni intensive e all’ esportazione, grazie all’ uso sapiente delle acque.
Avrò modo di parlarne a Ragusa sabato mattina, 9 ottobre, al Centro Studi “Feliciano Rossitto” aprendo il convegno “La vulnerabilità delle falde nell’ altopiano ibleo” .