Le probabili conseguenze della crisi in Ucraina
di Helena Janeczek
Cosa significa concedere alla Russia una porzione più o meno estesa dei territori annessi sin dal 2014 -anche per esempio la Crimea dove c’è stata poca violenza – per ottenere quella pace che si negozia, naturalmente, con il nemico?
Significa che quel territorio verrà governato, bene che vada, esattamente come la Russia (o la Bielorussia) odierna: cioè secondo la definitiva involuzione di un regime autocratico in regime totalitario.
Dico “bene che vada” perché in una colonia, per di più potenzialmente non del tutto sottomessa, la morsa del potere tende a essere ancora più brutale. Ne è esempio il reclutamento violentissimo dei soldati mandati al fronte dalla Siberia, dal Dagestan e altre Repubbliche remote, povere, e spesso non etnicamente russe, della Federazione russa.
Significa che continueranno le epurazioni: gli arresti, le torture, la scomparsa nel carcere, le deportazioni o le esecuzioni di chi ha collaborato con l’Ucraina, o ha qualcuno in famiglia che l’ha fatto (magari un familiare caduto), o ne è semplicemente sospettato, a causa di una denuncia.
Significa persecuzione delle minoranze etniche: i tatari di Crimea forniscono già oggi un numero spropositato tra coloro che, reclutati a forza nei territori occupati, vengono mandati a combattere contro l’esercito ucraino.
Significa una russificazione forzata, paragonabile, ma più radicale (vedi alla voce: deportazioni, per esempio), rispetto alle deprecabilissime politiche di italianizzazione fascista del Sudtirolo ribattezzato Alto-Adige e del Friuli-Venezia-Giulia.
Non ho nessuna idea di quante persone che vivono là sarebbero disposte – magari non ancora adesso, ma nel tempo che questa guerra, continuando, porterà distruzione di vite, beni infrastrutture servizi primari, lavoro ecc. – ad accettare questa prospettiva in cambio della pace. Non li giudicherei male per questo. Come potrei permettermelo dalla mia stanza, nonostante tutta, ben riscaldata? Secondo gli ucraini e le ucraine che sento, secondo i giornalisti sul campo più affidabili che leggo, sarebbero ancora un’enorme minoranza.
Tutto questo semplicemente per dire: sia chi vorrebbe che gli ucraini – per il loro bene (e non lo scrivo con sarcasmo, penso che questo paternalismo protettivo sia perlopiù sincero e in buonafede) – cominciassero a trattare una pace giocoforza basata sulla rinuncia di certi territori, sia chi vorrebbe che lottassero sino alla fine per la “difesa dei nostri valori”, dovrebbero guardare più da vicino ciò che le loro posizioni significano per gli ucraini.
PS. Un’eventuale “bombetta” nucleare tattica cadrebbe presumibilmente su Kyiv, con ricadute maggiori sui paesi limitrofi: Est e Nord-Europa ma anche Russia.