Le buone abitudini
di Peter Freeman
Le buone abitudini.
Quando veniamo invitati a un pranzo ci fa piacere non presentarci a mani vuote. È un gesto importante, di buona educazione.
Sì, ma cosa portare? Un tempo si usava spesso fare omaggio di un mazzo di fiori. Bellissima usanza. Certo, poteva capitare che chi ospitava dovesse interrompere le attività in cucina per invasare i fiori ma il disagio era minimo.
Oggi si tende a portare del vino o un dolce. Sul vino siamo tutti d’accordo che la scelta non è difficile: non c’è quartiere che non abbia almeno un’enoteca decente e se non si è esperti ci si fa consigliare dal proprietario. Di sicuro non vi presenterete all’ospite con un tavernello o con un finto moscato acqua-e-zucchero pagato 2 euro al discount.
È con il dolce che si tende a compiere l’errore. Il principe degli errori (anzi, degli orrori) è il vassoio di pasticcini comprato nella prima pasticceria che capita. Voi pensate di farla franca (“dai, a fine pasto…”) ma state compiendo un crimine.
Il dolce a fine pasto è sempre un di più. Soprattutto al pranzo domenicale – parenti, amici, ecc – quando si tende a mangiare più del solito. Presentare a fine pasto il vassoio di pasticcini comprati a caso è un rischio: zuccheri, creme, impasti, tutta questa roba è pesante per la digestione. Se poi la pasticceria è mediocre, evitate assolutamente.
Ho memoria di pranzi funestati da vassoi di pasticcini con la chantilly fatta male, la crema pasticcera che sa di farina, bignè e cannoli indigesti. A Roma, in particolare, è difficile trovare buone pasticcerie: in trent’anni che vivo qui quelle buone le conto sulle dita di una mano; e di solito fanno bene una sola specialità, quasi mai due.
Il consiglio che offro: meglio.le paste secche, o i biscotti freschi di forno. Con il caffè andranno benissimo. Non appesantite con quelle cose terribili. Oppure presentatevi con dei fiori.
vostro Don Letizio