La vecchiaia
di Giorgio Sabato Ferrari (da Natalia Ginzburg)
Ora noi stiamo diventando quello che non abbiamo mai desiderato diventare, e cioè dei vecchi. La vecchiaia non l’abbiamo mai né desiderata, né aspettata; e quando abbiamo cercato di immaginarla, era sempre in modo superficiale, grossolano e distratto. La vecchiaia vorrà dire in noi, essenzialmente, la fine dello stupore. Perderemo la facoltà sia di stupirci, sia di stupire gli altri. Noi non ci meraviglieremo più di niente, avendo passato la nostra vita a meravigliarci di tutto; e gli altri non si meraviglieranno di noi, sia perché ci hanno già visto fare e dire stranezze, sia perché non guarderanno più dalla nostra parte. Ci potrà succedere di diventare rottami abbandonati nell’erba, o rovine gloriose e visitate con devozione, saremo anzi forse qualche volta una cosa e qualche volta l’altra, essendo la sorte quanto mai mutevole e capricciosa; ma nell’un caso e nell’altro non ci stupiremo; la nostra immaginazione vecchia di tutta una vita avrà già usato e logorato nel suo grembo ogni evento possibile, ogni mutevolezza della sorte: e nessuno si stupirà, sia se saremo rottami sia se invece saremo rovine illustri: non c’è stupore nella devozione prodigata alle antichità, e meno ancora nell’urtare passando un rottame che arrugginisce in mezzo alle ortiche. E del resto fra l’essere una cosa o l’altra non c’è nessuna differenza apprezzabile: perché nell’un caso e nell’altro il caldo fiume dei giorni scorre su altre sponde. L’incapacità di stupirsi e la consapevolezza di non destare stupore farà sì che noi penetreremo a poco a poco nel regno della noia. La vecchiaia s’annoia ed è noiosa: la noia genera noia, propaga noia intorno come la seppia propaga l’inchiostro. Noi così ci prepareremo ad essere assieme e la seppia e l’inchiostro: il mare intorno a noi si tingerà di nero e quel nero saremo noi: proprio noi che il colore nero della noia l’abbiamo odiato e rifuggito tutta la vita. Fra le cose che ancora ci stupiscono c’è questo: la nostra sostanziale indifferenza nel sottostare a un simile nuovo stato. Tale indifferenza è provocata dal fatto che a poco a poco veniamo cadendo nell’immobilità della pietra.
