La tesi della doppia bomba a Piazza Fontana

di Salvatore Sodano

Precisiamo. Questa – se ho ben capito – è la tesi della “doppia bomba”. Cioè si vogliono coinvolgere di nuovo gli anarchici nell’attentato di Piazza Fontana? E a fare le rivelazioni è quel Giancarlo Cartocci, che nella contro-inchiesta “La strage di Stato” (pubblicato nel 1970!) veniva indicato come uno dei fascisti che avevano partecipato alla preparazione dell’attentato? In sostanza, Cartocci, con le sue rivelazioni, non avrebbe fatto altro che rimettere in circolazione l’antica tesi che i neo-fascisti infiltrati tra gli anarchici volevano far passare: coinvolgere l’innocente Valpreda in un atto al quale lui era estraneo.
Ecco cosa si diceva di lui nel libro La strage di Stato:
“Chi è Giancarlo Cartocci? Giancarlo Cartocci, 24 anni, ex studente di ragioneria. Nel 1966 passa dal MSI a Ordine Novo e diventa intimo amico di Mario Merlino (il suo nome è nell’agendina persa dall’ “anarchico” del gruppo 22 Marzo. Dopo il viaggio in Grecia aderisce al Movimento Studentesco di Giurisprudenza creato da Serafino Di Luia e dai fascisti della Facoltà di Legge. Con lo smascheramento degli studenti nazi-maoisti, nel novembre 1969, Cartocci partecipa alla ricostituzione di Avanguardia Nazionale assieme a Stefano Delle Chiaie, Bruno di Luia, Adriano Tilgher, Sandro Pisano, Tonino Fiore, Saverio Ghiacci, Marco Marchetti Giuseppe Morbiato, Giudo Paglia, Roberto Palotto, Stelvio Valori Francesco Mancini, Claudio Rossomariti, Cesare Perri, Vito Pace, Nerio Leonori, Domenico Pilolli, Antonio Jezzi ed altri. Contemporaneamente Cartocci frequenta la sede romana di Ordine Nuovo in Via degli Scipioni e diventa l’uomo di fiducia di Mario Tedeschi, direttore del “Borghese” e fondatore dei GAN, i Gruppi di Azione Nazionale.
Cartocci provvede alla distribuzione tra i fascisti romani dei fondi del Soccorso Tricolore. Come altri del suo gruppo risulta essere in contatto con uomini del Ministero degli interni.
La notte degli attentati del 12 dicembre Giancarlo Cartocci viene fermato a Roma dai Carabinieri e messo in una stanza dove vi sono altre persone fermate con lui. Ecco la testimonianza di una di esse: “Sono stato prelevato in casa dai Carabinieri, all’alba e condotto al Nucleo investigativo di San Lorenzo in Lucina. Nella stanza trovai altre tre persone che attendevano di essere interrogate. Due erano i compagni D. e A., e uno un fascista, un tale Cartocci che conoscevo come uno dei nazi-maoisti della Facoltaà di Legge. Aveva cercato di infiltrarsi nel Movimento Studentesco ma era stato allontanato perché, oltre tutto, era nel gruppo fascista che nel febbraio 1969 diede l’assalto con bombe carta e molotov alla Facoltà di Magistero occupata, provocando indirettamente la morte di Domenico Congedo. Appena entrai mi chiese notizie di Mario Merlino e io gli risposi che non ne sapevo nulla. Mi misi a parlare con gli altri compagni e lui si sdraiò sulla panca. Dopo un po’ entrarono quattro capelloni tedeschi con gli zaini, accompagnati da alcuni Carabinieri. Un capellone ci si avvicina e ci squadra, poi va accanto al Cartocci che stava sdraiato con gli occhi chiusi, e comincia a guardarlo. Quindi fa un cenno a un Carabiniere, come di assenso. Il Carabiniere si avvicina al Cartocci, lo scuote e lo fa alzare in piedi. Il tedesco lo guarda ancora, gli gira intorno, poi ripete il cenno di assenso. Poi escono tutti, capelloni e Carabinieri”. Quei “capelloni” tedeschi probabilmente sono gli stessi che come scrissero alcuni quotidiani all’indomani degli attentati, avevano visto fuggire un giovane dal luogo della seconda esplosione dell’Altare della Patria. Giancarlo Cartocci fu rilasciato quasi subito. Nel marzo di quest’anno un giornalista di un quotidiano di sinistra romano riceve da una persona la notizia che due giorni prima si era tenuta in città una riunione riservatissima tra i rappresentanti di diverse organizzazioni neofasciste. I delegati giunti da Torino, Pavia, Messina, Bari, Napoli ed altre città italiane, avevano discusso il piano per una serie di attentati da compiersi in diverse zone nei mesi di aprile e maggio, prima delle elezioni amministrative e regionali. Il giornalista non dà molto peso alla notizia sospettando una provocazione e si limita a segnare su un taccuino i nomi delle uniche due persone che il suo confidente era stato capace di segnalargli. Dopo una settimana cominciano gli attentati: a Torino, Pavia, Nervi (Genova), in Valtellina e a Roma in un laboratorio militare. I due nomi segnati sul taccuino del giornalista sono quelli di Giancarlo Cartocci, Via dei Campani 14, Roma e di Pino Tosca, Via Cumiana, Torino. Nel mese di maggio del 1970 Cartocci si è incontrato più volte con Serafino Di Luia a Roma”.

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