La Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo di Renzo De Felice recensita da Paolo Spriano
di Nicola D’Elia
Ai detrattori di Renzo De Felice, che lo accusano di “revisionismo”, di aver sottovalutato l’antisemitismo fascista e di essere tra i propagatori del “mito del bravo italiano”, gioverà forse segnalare una non troppo nota recensione della Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, firmata da Paolo Spriano, che apparve su «L’Unità» – l’organo ufficiale del Partito Comunista Italiano – in data 23 dicembre 1961.
Il recensore – destinato a raggiungere notevole fama negli anni successivi soprattutto grazie alla sua Storia del Partito Comunista Italiano in cinque volumi – esordiva con il riconoscere il «valore straordinariamente autentico del libro, che si raccomanda come un testo originale di storia contemporanea, col suo fare piena luce su uno dei capitoli più vergognosi e più drammatici del regime fascista: la persecuzione antiebraica». Quella di De Felice era innanzitutto una ricerca che poggiava su una base documentaria assai ampia, formata da fonti archivistiche e da «un abbondante spoglio di giornali».
Inoltre, Spriano dava merito all’autore di aver messo in risalto un aspetto molto importante, ossia che «gli ebrei dinanzi al fascismo, non si distinsero come tali nel loro atteggiamento», ciò che rendeva estremamente improbabile lo sviluppo di un antisemitismo di massa nel Paese: «Infatti, se alcuni israeliti furono tra i più noti militanti e dirigenti antifascisti […], la maggioranza fu o indifferente o largamente simpatizzante (data la composizione sociale prevalente, spiccatamente borghese) o addirittura iscritta al P.N.F.». Di qui la conclusione di Spriano, sempre sulla scia del volume di De Felice, che la politica antisemita del fascismo non poteva «trovare una base reale» e fu sostanzialmente un «processo di mistificazione».
Quello della dimensione del consenso dato al regime mussoliniano dagli ebrei italiani è un tema che ancora attende di essere indagato a fondo, mentre gli studi più recenti sulla politica razzista del fascismo hanno evidenziato come Mussolini si fosse incamminato sulla strada del razzismo fin dalla fine degli anni Venti, perseguendo una rivoluzione antropologica che mirava a trasformare il carattere degli italiani. Al riguardo, va osservato che una simile direzione di marcia poteva ma non necessariamente doveva sfociare nell’antisemitismo; tant’è che fino alla metà degli anni Trenta, come anche Spriano rilevava, «di politica antisemita da parte di Mussolini non si può parlare»; anzi, in «alcune delle pagine più belle» del suo libro De Felice mostrava «tutta la superficiale contraddittorietà dell’atteggiamento» del Duce.
Le leggi razziali furono invece l’esito di una svolta «essenzialmente determinata dalla spinta imperialistica del fascismo e dalla conseguente sempre più stretta unione “ideale-pratica” col nazismo». Ma – avvertiva Spriano, seguendo ancora una volta le orme di De Felice – «si tratta di una scelta volontaria di Mussolini […] e non di una pressione determinante di Hitler; un punto essenziale per il giudizio morale oltreché politico sulle aberrazioni dell’uomo e del suo regime, persino più gravi in certo senso di quelle naziste, mancando in Mussolini la “giustificazione” della fanatica fissazione antisemita di Hitler».
Con le discriminazioni del 1938 aveva inizio, per gli ebrei d’Italia, «una storia terribile ed amara», che non avrebbe risparmiato a tanti di loro la deportazione e la morte; una triste vicenda che generava «un sentimento misto di vergogna e di ribrezzo», confessava Spriano. Il quale affidava alle parole della «magistrale prefazione» che Delio Cantimori aveva apposto al volume di De Felice – spesso interpretata come contrappunto alle tesi dell’autore – il giudizio conclusivo sull’opera, la quale non mostrava alcuna indulgenza verso la politica antisemita del regime fascista né verso quanti l’avevano appoggiata o anche solo tollerata: «La lezione del libro è aspra e amara; ce la siamo meritata; speriamo di essere capaci di trarne qualche utile insegnamento». A giudicare dalle velenose polemiche che hanno investito la Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo negli ultimi decenni, non sembra che l’auspicio di Cantimori si sia realizzato.
