La situazione politica attuale

di Helena Janeczek

DISCLAIMER: mi è venuto uno di quei pipponi infiniti che non andrebbero mai fatti qui sopra regalando tempo e pensiero alle casse di facebook.

Uno dei problemi dell’involuzione della sinistra, anzi dell’intero campo progressista italiano, credo sia stata quella personalizzazione che, infine, sconfina nell’idolatria.
Abbattiamo l’idolo cattivo del Caimano, incensando un Santoro e persino un Travaglio che non viene dalla sinistra e ha dimostrato di non c’entrarci nulla.
Siamo diventati fan o haters già prima della diffusione dei social, delegando una rappresentanza simbolica agli idoli del momento. E mentre questi venivano costantemente esposti, e con successo, al fuoco dalla destra, abbiamo contribuito da parte nostra all’abbattimento.
Perché gli idoli deludono per principio. Quindi è solo questione di tempo che vengano buttati giù.

L’ultimo della serie, quello dove la sequenza di innalzamento e caduta si è consumata con una rapidità straordinaria, è stato Soumaroho: fino al giorno prima il nostro “Aboubakar” se non “Abou”, come se fosse un vecchio amico o parente. Un idolo nero doveva evidentemente essere più immacolato rispetto a uno che nasce bianco.

Il PD ha una serie infinita di problemi che sono in parte analoghi a quelli che hanno messo in crisi il Labour, la SPD, per non dire dei socialisti francesi pressoché scomparsi. Dopo essersi adattato alla linea liberista – persino D’Alema all’epoca vantava visite alle City di Londra – in seguito alla crisi del 2008/2012 non ha più saputo che pesci pigliare. Salvo ripresentarsi nel ruolo di chi “governa con responsabilità”, vale a dire cerca di ridurre il debito e la spesa pubblica con misure non solo impopolari ma contrari all’interesse dei ceti più deboli e del bene comune rappresentato dallo Stato sociale. Peccato che neanche la destra “liberale” dei governi Berlusconi che prometteva di non mettere le mani in tasca degli italiani, il suo buco in bilancio l’abbia fatto sempre a favore dei cittadini che stavano benino o benone. Scudi e condoni, tassa di successione assente o ridicolmente bassa, alzare le accise per abolire l’IMU, depenalizzare il falso in bilancio. Però i media antiberlusconiani hanno raccontato che erano tutte misure “ad personam “e noi ci abbiamo creduto. Oggi il governo Meloni riprende a agire su quella linea, per ora con i pochi soldi che si trova in cassa.

Per questo, in Italia, siamo in fondo convinti che una politica insieme progressista e ridistributiva non sia quasi possibile. Per questo la difesa del RdC sta facendo di Conte il leader più accreditato a sinistra, non importa ciò che aveva combinato insieme a Salvini. D’altra parte, pur nella sua parabola trasformista, mi sembra cieco e disonesto non riconoscergli un talento politico dimostrato tanto nella mossa per silurare Salvini, quanto nel staccare la spina a Draghi, ma soprattutto – e in modo non solo machiavellico – durante l’emergenza Covid.

Il PD sarebbe in teoria modificabile come qualsiasi forza politica, se si trattasse solo di cambiarne l’orientamento politico. Ma in Italia non è richiesto togliersi di mezzo quando si è sbagliato, anzi è normale mantenere saldo il potere concesso dalla corrente come un diritto acquisito. Secondo quel modello valido ovunque che rende questo Paese così segnato e bloccato dalla trasmissione dinastica, familistica, baronale, feudale. Un Paese da cui i (pochi) giovani se ne devono andare e dove le donne faticano a trovare lavoro, per non dire un ruolo sociale degno.

Potrà sembrare strano, ma considerando questo conservatorismo che, a mio avviso, ha ragioni anche demografiche, non mi farebbe schifo se Calenda riuscisse a pescare più adesioni in ciò che rimane del debole bacino elettorale di centro del “centro-destra” che è segnatamente di destra-destra. Però mi pare che si impegni di più ad attingerle all’aerea “riformista” post-renziana del PD, dove sembra pure più facile. Temo però che la sua figura di “nuovo leader” possa presto mostrare i suoi limiti e da Renzi non mi aspetto che si faccia da parte a vantaggio di qualcuno – o qualcuna – meno “bruciato”. Se fosse stato un politico più intelligente che astuto l’avrebbe fatto anni addietro.

In questo momento dove l’estrema povertà della politica si accompagna ai problemi devastanti del Paese, è persino comprensibile che lo scoraggiamento enorme a sinistra sconfini in quel cupio dissolvi di cui parlavo ieri. Non so se i tanti che auspicano la scomparsa del PD abbiano in mente Mélenchon e la sua France insoumise che, sin dal nome, non mi entusiasma. Io, che preferisco i Verdi tedeschi, i socialisti portoghesi, la sinistra spagnola, vorrei però fare presente che quelli avevano ben chiaro che Le Pen non dovesse vincere. Vale a dire che un approccio nuovo, non settario, delle sinistre nostrane non lo vedo come molto meno utopico.

So bene che l’essere donna, giovane ecc. non basta per rendere Elly Schlein una figura capace di portare un vero rinnovamento non solo nel PD ma nel campo della sinistra. È abbastanza prevedibile che, se ce la facesse, possa servire per bruciare un nuovo idolo e sincerarsi che il cambiamento di facciata assicuri che nulla cambi. Non è la candidata perfetta, ma non viene dal nulla, non ha alle spalle il compromesso come metodo di carriera, non è mossa da ambizioni personali nell’assumersi il rischio di questa candidatura.

Lasciando perdere la destra che ha già sparato tutto il prevedibile incluso un pizzico di antisemitismo, ai concorrenti diretti serve mettere in luce ogni dettaglio che la qualifichi come “radical-chic”: della variante “politicamente corretta” dove ci si può serenamente presentare come “figli del privilegio” o di quella anti-popolare e élitista dalla parte del M5S.

Se per voi questo conta così tanto da vedervi meglio rappresentati altrove oppure dall’astensione è una vostra scelta.

Io la sostengo proprio sulla base del pessimismo esposto sopra, perché non mi va di arrendermi allo sfacelo.

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