La candidatura alla segreteria del Partito Democratico
di Federico Smidile
La candidatura alla segreteria del Partito Democratico ufficializzata domenica da Elly Schlein ha provocato molte reazioni, alcune paradossali. Si è rimproverata la ex Vice Presidente della Giunta regionale dell’Emilia-Romagna di essere “troppo di sinistra”, come se il PD dovesse per forza essere un partito “liberal-democratico”, e non si sia collocato da molti anni nell’alveo del partito socialdemocrartico europeo nel Parlamento europeo. Si è ironizzato sulla critica al “neo-liberismo”, affermando che esite come la teoria gender, ossia non esiste, e comunque non è d’uopo parlarne in questa fase di crisi economica. Idea un può balzana sinceramente perché, forse, proprio questa fase di crisi dovrebbe far capire che quella globalizzazione, che possiamo anche definire “neo liberista”, che molti esaltano ancora oggi, qualche problema lo ha causato e lo sta causando anche oggi E un partito progressista deve occuparsi di questo, ed avere anche una visione che non sia solo riformista ma anche di cambiamento sociale e politico a media e lunga scadenza. Non i lendemains qui chantent ma certamente nemmeno fermarsi ad oggi come se questo fosse “il migliore dei mondi possibili oggi e sempre”. In sostanze le critiche di molti commentatori si sono incentrate sul fatto che la Schlein abbia osato mettere in discussione il paradigma calendarenzi che piace molto a molti media.
Non si tratta, però, di demonizzare Renzi o Calenda, che comunque non perdono occasione per attaccare il PD pretendendo che quel partito che hanno lasciato torni a Canossa da loro. La stessa pretesa, come detto nei giorni scorsi, di Conte e di M5S. Ecco: Conte. La Schlein è stata accusata anche di essere la Conte del PD, o di inseguire il Movimento. Non mi sembra. Mi pare che la candidata alla segreteria abbia ripreso temi tipici della sinistra, con maggiore o minore chiarezza certamente, ma che nulla abbia a che vedere con Conte, posto che Conte (che non amo), non è il diavolo ma guida un soggetto politico (che non amo) con il quale ci si deve rapportare.
Sembra molto che manchi l’abitudine al confronto, alla discussione anche aspra, alla contrapposizione chiara di posizioni (aspetto, infatti, un programma preciso di Bonaccini, non avendo preclusioni verso nessuno), Prevale, invece, l’anatema, l’insulto. Da un lato si pretende l’espulsione preventiva dei “renziani del PD”, come se fosse accettabile democraticamente che una parte politica, facesse pure appello alla denegata da molti eredità del segretario fiorentino, venisse radiata da un partito, democratico appunto, a prescindere. Dall’altro si annuncia la scissione della parte sconfitta, fosse essa quella di Bonaccini o di Schlein, come se non vi fosse un domani, ossia se non fosse possibile e doveroso in democrazia, che alla fine di una battaglia politica ci si ritrovi nello stesso partito, maggioranza ed opposizione, ciascuno nel proprio ruolo, e si debba, invece, abbandonare rabbiosamente il campo, come bambini antipatici che si portano via il pallone. Anche poco sensato mi pare un appello all’unità, una sorta di ticket Bonaccini-Schlein. In questa fase serve una discussione ampia, aperta, con chiare contrapposizioni di idee e strategie. Non servono liti personali ma nemmeno embrasson nous ipocriti. Serve rispetto, al meno all’interno del partito. Difficile chiederlo a Calenda e Renzi, difficile chiederlo ai tanti che hanno immaginato, non del tutto a torto, che il PD divenisse un grande partito liberale e temono un PCI senza falce e martello (rischio che non mi sembra reale!), difficile chiederlo a media che tirano da una parte o dall’altra un per motivi di vendita e molto per sostegno politico ad una parte in una specie di grande coalizione potenziale che vada da Meloni a Renzi-Calenda, tagliando fuori M5S e sinistra, fosse anche PD. Difficile, anche se auspicabile, chiederlo almeno a coloro che vogliono lo scioglimento del PD e, magari la sua confluenza in M5S, o in un soggetto nuovo che comprenda anche M5S (cosa che tra l’altro Conte ed i suoi non pare abbiano in mente!). Ma credo che all’interno del Partito questo rispetto di debba essere come l’orgoglio (sì!) di dare vita ad una discussione e ad una contesa che è unica nel panorama italiano. Il PD è, infatti, l’unico partito non personale, e nessun leader può considerarsi padrone assoluto, magari grazie a consultazioni “on line” con statuti cambiati in corsa, o con leadership urlate, o ancora con partiti proprietà privata, o creati in condominio da personalità debordanti. Nel PD si discute della segreteria ma non del padrone. E il segretario prossima non sarà una guida suprema, ma un amministratore si spera circondato da persone capaci, e capace di ascoltare anche le idee dissenzienti. Come hanno fatto, anche con errori inevitabili, ad esempio, Veltroni, Bersani, Zingaretti, Letta.
