In memoria di Nedo Fiano, prigioniero a Buchenwald

di Emanuele Fiano

Il punto del Campo di Concentramento di Buchenwald, nella Turingia, che ricorda la presenza italiana, è un lungo avvallamento coperto di pietre nel luogo dove sorgeva una delle baracche dove sopravvivevano i 3000 italiani ancora in vita. O quasi. Papà era uno di quelli. Chissà forse proprio in quella baracca, lo trovò moribondo Franco Schonheit, appena dopo che di lì era passato un soldato americano grande e profumato.

È bella questa “non baracca” dedicata ai compagni di papà, bella questa idea di una fossa dove era la loro baracca che non c’è più, come loro. Un grande buco nero dell’umanità.

Buchenwald è immerso in una collina coperta di faggi, da cui il nome. Scolaresche, tra cui ragazze con il capo coperto per motivi religiosi, osservano i resti; non potrei essere più contento della loro presenza.

Un gruppetto di custodi del museo parla a voce alta in tedesco e sghignazza rumorosamente all’ingresso di questo che è un cimitero. Non potrei essere più scontento.

Le finestre della cosiddetta prigione sono a bocca di lupo come nelle carceri; ma lì dentro torturavano per settimane per sgominare la resistenza interna. Particolarmente sadica era Ilsa, la moglie del comandante. Collezionava paralumi in pelle umana. Poi processata.

Papà, quando si rimise in piedi, curato da medici tedeschi obbligati dalle truppe americane, settimane dopo l’11 Aprile 1945, giorno della liberazione del campo, incontrò nei boschi adiacenti un operaio di Prato, ex prigioniero, che si era messo a cucinare, avendo intrapreso un attività di scambio con i contadini del posto, e prese a cuore il babbo, e lo rifocillava a pasta e pollo.

Mi pare di vederlo il babbo, ventenne, quaranta chili, mentre morde quel pollo e quella pasta e respira di nuovo quell’aria pulita dei faggi, e traguarda magari quella bellissima vista che c’è al di là della collina, e ricorda i suoi cari e li bacia che ora son cenere, e ripensa ai suoi giorni e a quei tempi felici e poi alle botte, ai nazisti, alla morte e ai camini, e si giura che non si sarebbe dimenticato e sarebbe tornato e avrebbe risalito la china, costruito famiglia, studiato e cresciuto i suoi figli. E anche io.

Kaddish.

 

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