Il dolore armeno

di Giovanni Falagario

IL DOLORE ARMENO

Hrand Nazariantz, L’Armenia, il suo martirio le sue rivendicazioni, a cura di Cosma Cafueri revisione bibliografica di Carlo Coppola. FaLvision Editore, Bari 2016

L’autore di questo testo, Hrand Nazariantz, è nato a Scutari, un quartiere di Istanbul sul Bosforo, l’8 gennaio 1880. Lo scrittore è spirato a Bari il 25 gennaio 1962.

È importante fare riferimento ai due luoghi ove è nato Nazariantz ed è morto, per tentare di capire il suo complesso pensiero e la sua magnifica arte poetica.

Hrand è nato in Anatolia, ma non è turco, è armeno. Fa parte di una civiltà cristiano ortodossa che ha origini antichissime. Il regno armeno combatte al fianco di Mitridate nel primo secolo Avanti Cristo per provare a contrastare l’avanzata di Roma nel Medio Oriente. Poi vista la sconfitta a causa delle falangi romane, si allea con l’Impero, facendosi stato “cliente” (cioè alleato ma in una posizione di inferiorità rispetto alla potenza che nasce sulle sponde del Tevere) di Roma. Per i secoli che seguirono gli Armeni vissero in pace ed armonia con Roma. Pian piano persero ogni tipo di autonomia fino a diventare parte integrante dell’impero, si convertirono presto al Cristianesimo, quando i discepoli di Gesù cominciarono a predicare la lieta novella. Gli Armeni, scelsero o dovettero, diventare ortodossi, cioè abbracciare lo scisma da Roma, seguendo le scelte di Bisanzio, Costantinopoli ormai diventata il centro dell’impero e del mondo allora conosciuto.

Questo è il quadro storico che si fa nel testo. Io lo riassunto in maniera rozza. Invito il lettore a leggere il libro per capire più compiutamente le sorti armene.

Nel XVI e XVII secolo cambia radicalmente la storia dell’Anatolia e del Medio Oriente in generale. Da secoli l’Impero Romano, quello che la storiografia chiama l’Impero Romano d’Oriente, aveva perso la stragrande parte dei suoi possedimenti in Asia Orientale e in Africa. L’avanzata di un’altra potenza, quella araba, dal XIII secolo, aveva fatto perdere gran parte dei possedimenti romani. Perfino Gerusalemme, il centro religioso del Cristianesimo e dell’ebraismo, era in mano mussulmana, bisogna dire che anche di crede nella religione fondata da Maometto considera Gerusalemme città santa e venera il suo suolo. Ma l’atto finale dell’Impero Romano d’oriente avviene con la IV crociata, quando l’Occidente, per volontà di Venezia, invece di cercare di riconquistare la Terra Santa, saccheggia Costantinopoli, siamo quasi alle soglie del 1200. Costantinopoli, resa debole e senza difese a causa delle lotte fra cristiani, cede drammaticamente e ignominiosamente alla pressione dell’esercito Turco. Questi erano una popolazione nomade convertitasi all’islamismo che sotto la guida del suo leader, Osman, diventato poi imperatore giungerà dalle steppe dell’Asia a conquistare un impero che comprenderà non solo Costantinopoli, ma l’intero Medio Oriente, scacciando da Costantinopoli anche le potenze occidentali.

In tutto questo mutare di condizioni statuali, il popolo armeno continua a vivere rimanendo un’entità ben determinata e con una storia propria. L’Armenia diventerà, e purtroppo resterà per lunghi anni fino ad oggi, una nazione senza un’autorità statuale propria almeno in Turchia. Si perché con l’avvento dell’Unione Sovietica, nata sui resti dell’impero zarista di Mosca, nacque l’Armenistan, uno stato oggi indipendente ma che rischia di morire a causa dei continui attacchi che subisce dalle potenze confinanti, dopo la fine nel 1991 dell’URRS. Insomma oggi c’è un’Armenia indipendente ma messa sotto scacco dell’Azerbaigian, che uccide la popolazione. C’è un’Armenia schiava della Turchia. Cioè la popolazione armena residente in Turchia non è riconosciuta come tale dallo stato di Ankara. Per la Turchia gli Armeni non esistono.

L’Armenia non esiste più in Turchia, questo è il vero. In realtà sono pochissimi gli armeni ancora residenti nella terra dei loro padri. La maggioranza sono fuggiti, esuli, fin dal XIX e poi nel XX secolo, per evitare di essere uccisi dai turchi, autori nei loro confronti del primo genocidio dell’epoca moderna. Dopo, purtroppo, tanti altri si succederanno: ricordiamo quello di cui furono vittima gli ebri a causa del Nazismo.

Nazariantz vive a Istanbul nella prima fase della sua vita. La sua famiglia ha una ricca società commerciale. Il benessere, l’agiatezza, familiare permette a Nazariantz di studiare a Parigi. Siamo agli inizi del XX secolo. Il poeta torna, però, a Istanbul. Si attiva per creare una rete di intellettuali armeni che si adoperano per la nascita di uno stato indipendente. Ma nel 1913, pochi anni prima dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, è costretto a trasferirsi a Bari. Va via da Istanbul per fuggire ai creditori del padre, la cui impresa è fallita. Ma non c’è solo la questione economica, Nazariantz è un attivista della causa armena, ha la polizia e i servizi segreti turchi alle costole. È inviso, non potrebbe essere altrimenti, da tutte le forze politiche nazionaliste turche. Va a Bari, perché quelle terre hanno visto i natali della sua affascinante moglie Maddalena De Comis, che viveva fino a quel momento con lui a Istanbul, ma era nata a Casamassima in provincia di Bari (Italia).

In Italia Nazariant coltiva le conoscenze e le sue passioni letterarie. Si incrocia con i maggiori scrittori e poeti della Penisola. Conosce Filippo Tommaso Marinetti, il poeta del Futurismo. Si confronta con la poetica futurista e l’associa al Simbolismo francese che ama particolarmente visto i suoi studi parigini in età giovanile.

Ma oggi si parla di un libro di Nazariantz che non è poesia, ma è tragedia. Il poeta scrive “L’Armenia, il suo martirio” assieme al suo amico di sempre, l’italiano e mazziniano, Zanotti Bianco nel 1916, appena finita la Prima Guerra Mondiale. Scrive per denunciare il martirio del suo popolo, l’armeno, a causa della crudeltà del potere statuale turco, prima impero poi repubblica (poco) democratica.

Nazariantz nel 1916, in presa diretta diremmo, mentre stanno avvenendo le stragi, denuncia la morte di bimbi e bimbe, di vecchi e giovani rei solamente di essere di cultura armena. Racconta delle tragiche testimonianze di viandanti, semplici visitatori o archeologi di fama. Questi sono andati per ridare luce agli antichi splendori di lontane civiltà del passato. Invece si trovano ad assiste a una strage. Solo per fare qualche esempio. Sono riportate le tragiche testimonianze, in presa diretta, dello scrittore britannico Enrico Layard e del geografo francese Ludovic de Contenson che testimoniano di aver visto centinaia, miglia di vittime armene che giacciono inanime nei campi brulli dell’Anatolia,
Nazariantz in questo testo appare, affiancato da Zanotti, un indipendente testimone di una strage, ma anche un intransigente accusatore del male che uno stato, il Turco, sta compiendo ai danni di una popolazione inerme. Nazariantz denuncia, come è attuale il suo scritto, come la religione, in questo caso l’Islam, è utilizzata come vessillo ideologico per compiere stragi. I Turchi, Mussulmani, si sentono giustificati a cancellare la cultura e la popolazione armena, Cristiana. Come non pensare a ciò che sta succedendo oggi in Palestina, in cui Mussulmani e Ebrei si uccidono in nome di un Dio che invece invoca per il mondo la pace.

Nazariantz denuncia un omicidio, un genocidio, avvenuto a partire dal XIX secolo e continuato nel XX, una bruttura del secolo scorso. La prima strage di popoli del secolo delle guerre mondiali. Ma come non riconoscere nel dolore armeno, che è bene ricordarlo ad oggi non è affatto finito l’Armenia non è in pace, la sofferenza dei palestinesi, degli ebrei, degli israeliani, degli ucraini, dei russi e di tante altre popolazioni che oggi, non ieri, soffrono a causa della violenza distruttiva del potere oppressivo statuale. Oggi la Palestina, come ieri l’Armenia. Basta strage. Basta Dolore. Questa è la tragica attualità di un libro, scritto all’inizio del secolo scorso per testimoniare la sofferenza di un popolo ucciso e in cattività, che ha una tragica attualità oggi, in cui viviamo nel lutto della guerra guerreggiata. Capire il dolore di oggi è possibile capendo il dolore armeno, che è di ieri, ma che è ancora presente e va ricordato assieme alla denuncia incessante degli oppressori. Buona lettura del bellissimo libri di Hrand Nazariantz, l’Armenia il suo martirio e le sue rivendicazioni.

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