Il dilemma del green pass

di Annalisa Barletta

Green pass sì o green pass no: il dilemma che ci vede cerebralmente impegnati in questa estate settembrina che, se agli occhi dei soliti sparuti catastrofisti è anomala, ha tuttavia il merito estetico di regalarci ancora parentesi epidermico-svettanti ad interrompere l’insostenibile pesantezza dei molti, i più illustri, opinionisti social. Come i corpi giacciono esposti con narcisistica inconsapevolezza ai raggi di un sole surriscaldante, così le analisi procedono come al solito per rimozione e cecità, obnubilate dai limiti del presentismo antropocentrico. Confinata entro i punti ciechi del sapere, infatti, è quella questione ambientale da cui avrebbe avuto origine lo spillover covidico e che, se non degnamente affrontata nelle sedi e con gli strumenti opportuni, (che secondo Carla Benedetti e Amitav Ghosh, ad esempio, potrebbero essere rappresentati dalla letteratura e dalla parola suscitatrice e performativa) ci inchioderà ad un destino apocalittico senza eschaton. I tempi richiedono certo il ricorso ad un green pass, nel senso però di un varco verde-empatico, di una metamorfosi del pensiero che ci traghetti in un’era post-antropo(capitalo)cenica di palingenesi.
L’alternativa, così come con lucida prosa di vertigine ci proponeva Guido Morselli in Dissipatio Humani Generis, sarebbe quella di abbandonarsi tragicamente, pusillanimi e diseroici, al cupio dissolvi, ad un aftermath, un dopo-Storia, che vedrebbe per giusto e laico contrappasso la Natura liberarsi del suo peggior nemico e riappropriarsi della sua meccanicistica eternità.
“Potrei fare ironie sulla nostra buona città. Ospitava, con scrupoloso ossequio e inestimabile profitto, la sede centrale di cinquantasei banche. E, l’occhio sul listino e l’anima al Cielo, vi affiancava insigni di cupole e torri, adorni di finestroni istoriati, marmi e aiuole, circa altrettante chiese; Santa Plutocrazia. Potrei aggiungere un nuovo nome, Crisopoli-Cristopoli e un qualunque Max Weber medierebbe l’antinomia. Ma non me la sento di ironizzare e cultureggiare. Guido meditativamente la mia vettura apocalittica, su asfalti silenti, inodori, asfalti dell’eternità”.
(G. Morselli, Dissipatio H. G.)

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