Il bacio
di Roberto Cafarotti
Alcune opere d’arte sono così famose per cui spesso si rischia di perdere l’esatta percezione del loro valore artistico in favore della fama mediatica di cui godono. Basti pensare alla Gioconda. Eppure, questo è un vero capolavoro concettuale e di tecnica pittorica.
Hayez da patriota volle celebrare la nascita di questa nostra amata Italia, dopo le sanguinose battaglie di Solferino e San Martino: un lungo, tormentato e drammatico percorso, conclusosi con le amare delusioni dell’armistizio di Villafranca. Il potente alleato dei Savoia, Napoleone III, dopo la conquista lombarda e la nascita della Confederazione italiana, non aveva voluto irritare ulteriormente l’Austria sottraendogli Venezia, Trento e Trieste.
Hayez quindi ci parla di Storia in maniera personale, emotiva, e lo fa nel modo in cui sa fare meglio: dipingendo un’opera straordinaria. La sua è una sensibilità legata al grande Romanticismo, ma anche alla passione che l’arte manifestava per un Medioevo immaginario, idealizzato quanto improbabile, che già produsse in Italia il movimento Purista e poi, in Inghilterra, i Preraffaelliti. Queste atmosfere furono evocate nella tela da Hayez, tanto che in origine aveva il titolo di: “Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV secolo”.
Il bacio rapito, furtivo, ebbe un successo incredibile. Un’impostazione modernissima e un tema insolito, praticamente senza precedenti che non fossero riconducibili al mito. Simboleggiava il desiderio, la passione e con essa anche una certa pruderie, che Hayez seppe gestire perfettamente in tante opere. Ma l’artista ci parla anche del dovere a cui era chiamato ogni giovane italiano per la propria Patria. Quel momento di passione fugace ne esprimeva intensamente l’idea. Il piede sulla scala è un segnale di tensione, di fretta per una partenza imminente e inderogabile.
Una figura si nota in basso a sinistra, è la madre che vigila nell’ombra per consentire di sottrarre alla fuga del ragazzo quell’attimo in più di intimità. Il pugnale, il cui manico accarezza dolcemente la vita della fanciulla, parla di guerra. La loro ombra si allunga sottraendo luce alle scale. Anche questo particolare è un simbolico riferimento di Hayez alla sua amata Venezia ancora in ombra poiché privata della sua libertà di legarsi alla giovane Patria. I colori degli abiti celebrano l’arte veneziana, di cui Hayez si considerava l’ultimo epigono, ma sono anche un omaggio alla Francia e al suo ruolo fondamentale per la nascita dell’Italia.
L’artista, dopo l’enorme successo dell’opera, sentì anche il desiderio di riprodurne altre copie una delle quali con l’altro Tricolore, il nostro. Insomma, un’opera parlante, oggi troppo spesso ridotta a icona per i cioccolatini, ma che comunque conserva tutto il suo fascino per chi desidera soffermarsi ad ammirarla nel suo magnifico splendore che ancora emana.
(Roberto Cafarotti)
Francesco Hayez (1791-1882)
Il bacio, Olio su tela, cm. 112 x 88, 1859 – Pinacoteca nazionale di Brera, Milano.
