Germania, Anni 70

di Gianluca Falanga

Dato l’interesse per il post sull’indagine dei giornalisti dello Spiegel Georg Bönisch e Sven Röbel sul caso Schleyer, oggi un piccolo aggiornamento. Con l’amico Jean Baptiste Schöneberger abbiamo verificato i principali spunti forniti dal volumetto intitolato Fernschreiben 827, lavoro giornalistico purtroppo non pregevole, non avendo gli autori inserito le collocazioni archivistiche dei documenti consultati.

Siamo comunque riusciti a trarre dalle nostre verifiche le seguenti novità:

1) la coppia di spie della Stasi (Manfred e Elke Hier) domiciliata dal novembre 1976 nello stesso condominio dove la Raf tenne nascosto il sequestrato presidente del BDI Schleyer era in Germania ovest dal febbraio 1970 per un’operazione denominata in codice Anmeldung (“Iscrizione”). I due erano veramente sposati, furono introdotti in Germania ovest via Inghilterra. Giunti in Renania, si erano sposati di nuovo ed Elke aveva trovato lavoro all’anagrafe di Colonia centro, ufficio rilascio documenti d’identità e passaporti. I due avevano assunto come da prassi la falsa identità di cittadini tedeschi emigrati all’estero nell’immediato dopoguerra (per esempio soldati tedeschi rimasti a vivere nei paesi dove erano stati da occupanti o prigionieri) dei quali si simulava il rientro in Germania (in questo caso quello di una figlia che in realtà non esisteva). Proprio questa tattica e la sicurezza di decine di fonti piazzate, con grande sforzo e dispiego di risorse, in imprese, ministeri, partiti politici e nella società civile tedesco-occidentale, era messa a repentaglio dai nuovi metodi di indagine informatici introdotti all’inizio degli anni 70 dal capo del Bundeskriminalamt Horst Herold per combattere la Raf. La Stasi sapeva che specialmente il metodo del Rasterfahndung (scandagliamento e incrocio delle banche dati dei servizi pubblici per individuare profili e identificare i terroristi) era utilizzato (illegalmente) anche dal servizio segreto interno, Bundesamt für Verfassungsschutz, per stanare gli infiltrati dalla Germania est. Nel solo secondo bimestre 1976 ne individuarono e arrestarono un’ottantina, altri, come i coniugi Hier sul finire del 1977 (quindi subito dopo il sequestro Schleyer), furono richiamati alla base dall’HVA prima che venissero arrestati. Il compito di Elke era quello di segnalare nominativi di cittadini occidentali di cui gli agenti della DDR potevano assumere l’identità e avvertire i suoi gestori a Berlino est di eventuali indagini riservate delle autorità federali. Quando il rapimento Schleyer scatenò le investigazioni a tappeto per trovare il sequestrato, la Stasi lanciò una batteria di operazioni per intercettare l’intercettabile, per esempio tutte le sedute del comitato di crisi del governo regionale renano che gestiva le operazioni di polizia, seguendo le mosse degli inquirenti a ogni passo. Data la capillare presenza dei suoi confidenti negli organi di polizia dell’ovest, non è affatto improbabile che la Stasi abbia provveduto a far sparire il telex che indicava il condominio alla periferia di Colonia come possibile “prigione del popolo” (Volksgefängnis). Ma la prova a oggi non c’è.

2) Preparando il sequestro in Yemen (campo di Aden/Fplp-SO, Haddad) i militanti della Raf ricevettero via palestinesi e servizi yemeniti un dossier sul passato nazista di Schleyer con dettagli sulla sua militanza nei ranghi delle SS. Si è accertato che il dossier era opera di un giornalista, Rudolf Schelkmann, anche lui ex SS e agente di influenza della Stasi (nome in code: Karlstedt), divisione HVA/X, responsabile per le famigerate “misure attive”, operazioni coperte, soprattutto disinformazione. Vuol dire che il dossier fu elaborato e manipolato dai falsari della Stasi nelle sue officine della disinformazione attingendo alle informazioni offerte da Schelkmann e quelle a disposizione della divisione IX/11, che curava l’archivio distaccato dei documenti del Terzo Reich recuperati dalla Stasi (sottratti agli archivi di Stato, che li consideravano perduti). Sempre attraverso Schelkmann, la Stasi mise anche in circolazione falsi verbali degli interrogatori di Schleyer da parte della Raf, redatti ad hoc per aizzare tensioni all’interno del partito cristiano-democratico (allora all’opposizione), fra ministri e forze politiche durante e dopo il sequestro. Pare che la polizia li giudicò autentici, solo Helmut Kohl li ritenne invece falsi.

Sono elementi nuovi. L’ulteriore precisazione della presenza della Stasi nel “caso” Schleyer è sorprendente, perchè le strutture di competenza hanno distrutto gran parte della documentazione, per cui i fatti vanno ricostruiti con molta fatica per vie traverse. Urgono spunti d’indagine più audaci e originali di quelli seguiti finora. Per esempio, come questo di Schöneberger, al quale mi associo: proviamo a pensare al contrario, e se invece di reagire alla scomoda situazione di trovarsi il sequestrato nel palazzo dove stavano i coniugi Hier operando a protezione delle spie, la Stasi avesse proprio indicato quello stabile alla Raf come prigione sicura per controllare l’intera operazione del rapimento? Chi abitava nell’appartamento-prigione prima della Raf? Perché la Raf ha scelto proprio quel palazzo? E chi altri ci abitava in quel condominio? E sapete chi abitava fino a poco tempo prima a brevissima distanza dallo stabile, nello stesso quartiere: il capo della residentura illegale HVA, che aveva gestito fino al suo arresto nel 1974 un cero Gunther Guillaume, la famosa spia di Wolf nella cancelleria di Brandt! Il quartiere di Liblar era una specie di colonia degli agenti della DDR a pochi km dal governo a Bonn.

Aggiungo io: forse qualche spunto prestato dal caso Moro potrebbe aprire qualche sentiero nuovo anche per Schleyer.

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