Federico Zvab

di Massimiliano Amato

Ottant’anni fa, il 27 settembre del ’43, Napoli insorgeva in armi contro l’occupante tedesco. Dopo quattro, eroiche e sanguinose giornate diventava la prima città d’Europa a essersi liberata da sola dal giogo nazista. Tra i capi della rivolta s’impose Federico Zvab da Sesana, sloveno compaesano di Danilo Dolci. Figlio di un socialista, Zvab aveva aderito adolescente al Psu, il partito di Turati e Matteotti, rimanendo profondamente colpito dal barbaro assassinio di quest’ultimo. Miliziano delle brigate internazionali in Spagna durante la Guerra Civile, riparò successivamente in Francia, dove però fu rinchiuso in un campo di internamento. Ne fu espulso dal governo del maresciallo Petain, che lo consegnò ai fascisti. Dopo il carcere a Genova e a Trieste, fu spedito al confino a Ventotene e ebbe per compagni di stanza Ernesto Rossi e Riccardo Bauer, entrando in contatto con Umberto Terracini, Sandro Pertini, Eugenio Colorni, Mauro Scoccimarro, Pietro Secchia. L’aggravarsi delle condizioni di salute, minata dalle ferite riportate in Spagna e dalle percosse subite nelle carceri fasciste ne consigliò il ricovero agli Incurabili, dove, durante le Quattro Giornate, creò una vera e propria rete militare. Restò socialista fino alla morte, nel 1988, ricoprendo ruoli di dirigente nella Camera del Lavoro di Napoli.

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