Eurialo e Niso

di Alessandro Vivanti 

Venerdì 14 ottobre, in anticipo di un giorno rispetto alla commemorazione effettiva del 15 ottobre, data di nascita di Publio Virgilio Marone (Andes (Mantova), 15 ottobre 70 a.C.), gli studenti del Liceo Scientifico Belfiore di Mantova dialogheranno sul tema riguardante le figure di Eurialo e Niso (Eneide, 9, 176-449).
Eurialo e Niso, i due giovani guerrieri in difesa della città di Troia, sono già descritti nel volume V, 425-428 dell’Eneide
«… Appresentossi in prima
Eurïalo con Niso. Un giovinetto
di singolar bellezza Eurïalo era;
e Niso un di lui fido e casto amico.»
Eurialo era il giovanissimo figlio di Ofelte, mentre Niso era figlio di Irtaco e della ninfa Ida.
L’episodio effigiato dallo scultore Jean-Baptiste Roman (Parigi, 31 ottobre 1792 – Parigi, 13 febbraio 1835), è quello relativo alla morte dei due eroi per mano di un drappello di trecento cavalieri rutuli guidato da Volcente (Volscente), uno dei condottieri dei Rutuli, antica popolazione italica, e luogotenente di Turno, antagonista di Enea.
«Mentre così dicea, Volscente il colpo
già con gran forza spinto, il bianco petto
del giovine trafisse. E già morendo
Eurïalo cadea, di sangue asperso
le belle membra, e rovesciato il collo,
qual reciso dal vomero languisce
purpureo fiore, o di rugiada pregno
papavero ch’a terra il capo inchina.»
Niso, accorso in difesa dell’amico, grida disperato e si scaglia con tutta la sua violenza contro Volcente, conficcandogli la spada nella bocca spalancata, uccidendolo. Il giovane viene però attaccato dagli altri soldati presenti e, morendo, si getta sull’amico, dandosi finalmente pace.
«In mezzo de lo stuol Niso si scaglia
solo a Volscente, solo contra lui
pon la sua mira. I cavalier che intorno
stavano a sua difesa, or quinci or quindi
lo tenevano a dietro. Ed ei pur sempre
addosso a lui la sua fulminea spada
rotava a cerco. E si fe’ largo in tanto
ch’al fin lo giunse; e mentre che gridava,
cacciogli il ferro ne la strozza, e spinse.
Così non morse, che si vide avanti
morto il nimico. Indi da cento lance
trafitto addosso a lui, per cui moriva,
gittossi; e sopra lui contento giacque.»
Il gruppo scultoreo venne dapprima esposto nel 1822, in gesso, per poi essere presentato definitivamente al Salon di Parigi nel 1827, in marmo. Nello stesso anno Jean-Baptiste Roman venne nominato Cavaliere della Legione d’Onore.
Oggi la scultura è conservata al Louvre.
Sono rappresentati i due giovani guerrieri, Niso con elmo e faretra con le frecce, mentre brandisce la spada (rimane soltanto l’elsa stretta nel pugno), cercando ancora di difendersi dai soldati, tiene la mano dell’amico ormai morente e trafitto al cuore, disteso sul mantello, sopra di un masso. La posa dei due è enfatizzata dalla diagonale formata dal braccio di Eurialo e dal volto di Niso, che rivolge lo sguardo verso l’alto, quasi a implorare gli Dei di farli morire insieme gloriosamente.
“Si quid mea carmina possunt, nulla dies unquam memori vos eximet aevo.”
“Se possono qualcosa i miei versi, mai nessun giorno vi sottrarrà alla memoria del tempo”. IX libro, vv.446-447.

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