Emmanuel Levinas

di Francesco Fistetti

Fresco di stampa, sta per arrivare in libreria, per i tipi di Pensa Multimedia nella collana Humanities, una nuova edizione del saggio di Emmanuel Levinas intitolato “Su Maurice Blanchot. Mondo e spazio letterario”, curato da Augusto Ponzio e da me. Pubblico qui uno stralcio della mia Presentazione, in cui cerco di dimostrare perché questo breve testo (poco più di sessanta pagine) apre prospettive inedite di ricerca su Levinas e sullo stesso Blanchot.
Il testo di Emmanuel Levinas, Su Maurice Blanchot, pubblicato in Francia presso Fata Morgana nel 1975, uscì per la prima volta in Italia nel 1994 con la casa editrice Palomar nella collana “dialoghi”, tradotto da Augusto Ponzio e corredato da un’introduzione composta di due saggi, rispettivamente dello stesso Ponzio e di Francesco Fistetti, rivolti a spiegare al lettore i caratteri generali del pensiero di Levinas e di Blanchot e i loro rapporti reciproci all’interno della cultura filosofica francese ed europea del XX secolo. Dopo la morte di Gianfranco Cosma, fondatore di Palomar, che portò alla chiusura della piccola casaeditrice barese, nel 2015 affidammo il testo levinassiano ad una
nuova piccola casa editrice di Bari, CaratteriMobili, promossa da Arcangelo Licinio, che lo stampò nella collana “Einklammern” con l’aggiunta, oltre che di un aggiornamento bibliografico, di una Nota di Augusto Ponzio alla nuova edizione e di un mio saggio, “Heidegger: il Greco, l’Ebreo e il Tedesco”, che prendeva spunto dalla pubblicazione dei primi volumi dei “Quaderni neri” (Schwarze Hefte) di Martin Heidegger. Nel frattempo, l’estinzione di CaratteriMobili rischiava di rendere introvabile il testo di Levinas da parte degli studiosi proprio nel momento in cui in Francia e a livello internazionale l’attenzione verso questo filosofo andava crescendo costantemente, sollecitata dall’edizione delle sue OEuvres complètes, che rivelava molte sorprese nella sua biografia intellettuale. Infatti, il terzo tomo di queste ultime, intitolato Eros, Littérature et Philosophie. Inédits (Grasset/Imec 2013) – che completa il primo volume Carnets de captivité et Écrits sur la captivité (Grasset/Imec 2009) con una prefazione illuminante di Jean-Luc Nancy, “L’intrigue littéraire de Levinas” – gettava una luce inedita Su Maurice Blanchot. Già dai Carnets avevamo appreso che Levinas nutriva fin da giovanissimo delle ambizioni letterarie tanto che dopo la guerra aveva provato a scrivere due brevi romanzi: Eros/Triste opulence e Dame de chez Wepler, non portati a termine. Quanto in questi progetti di scrittura letteraria abbia influito l’amicizia con Blanchot è difficile dire, ma non è arbitrario riconoscere in quegli esperimenti l’“intrigo letterario” segnalato da Nancy, che attesta la particolare vicinanza intellettuale a Blanchot di Thomas l’oscuro, la cui prima edizione è del 1941. Oggi che è stata pubblicata una bibliografia definitiva dei testi di Blanchot (Maggio 2022) veniamo a sapere che questo romanzo era stato preceduto dal romanzo, Thomas il solitario, rimasto finora inedito, composto probabilmente tra il 1932 e il 1940, e che ne costituisce una delle prime versioni. È una sorta di “opera gemella” di quella del 1941, come afferma Michael Holland, il quale a sua volta sottolinea l’importanza della scrittura di Blanchot non solo per la letteratura, “ma soprattutto per l’evoluzione del pensiero del XX secolo”. E aggiunge: “Questo romanzo accompagna e perfino anticipa gli immensi cambiamenti che vengono associati alla filosofia di Emmanuel Levinas, Jacques Derrida e Jean-Luc Nancy, ma anche di Martin Heidegger di cui Blanchot sarà uno dei critici più tenaci” (Holland 2016).
Étienne Pinat ha rivelato di recente quanto intenso sia stato il rapporto di Blanchot non solo con l’opera di Husserl, ma soprattutto con quella di Heidegger, se in una lettera a Catherine David del 10 novembre 1987 confessa il suo approccio precoce a Heidegger proprio attraverso Levinas.
“Grazie a Emmanuel Levinas – egli scrive – senza del quale, fin dal 1927 o 1928, non avrei potuto cominciare a intendere Sein und Zeit, la lettura di questo libro provocò in me un vero choc intellettuale. Si era prodotto un evento di prima grandezza: impossibile da sottovalutare, anche oggi, anche nel mio ricordo” (Pinat 2021). Ma non va nemmeno trascurata un’altra lettera di Blanchot su Heidegger dell’11 settembre 1959 ad un destinatario sconosciuto, finora rimasta inedita, pubblicata dallo stesso Pinat (Pinat 2021), in cui Blanchot chiarisce che Heidegger va forse considerato “essenzialmente uno scrittore (essentiellement un écrivain)”. Dove la nozione di scrittura viene
ricondotta ad un lavoro sul linguaggio in cui la parola poematica e la parola del pensiero si incrociano e debordano l’una nell’altra. “Perciò non è facile decidere (per esprimerci nella lingua di Heidegger) – ob er denkerisch dichtet o dichterisch denkt (se poeta con il pensiero o se pensa poeticamente)” (Blanchot 2021). Tuttavia, Blanchot va oltre questa modalità di intrigo tra filosofia e letteratura, che Heidegger pone sotto il segno di Hölderlin e attraverso cui non aveva mancato per una lunga fase della sua vita di celebrare il primato metafisico e politico del popolo tedesco come “popolo di poeti e pensatori” (Fistetti 2018). “Istruito da Levinas sull’esistenza del rapporto etico con il volto come impossibilità etica e messa in scacco di ogni potere, egli intendeva pensare da allora in poi la scrittura come rapporto neutro, o rapporto con il neutro, che non è più un rapporto di possibilità”, come per Heidegger è il rapporto del Dasein con la morte (Pinat 2021).
Decifrare negli esperimenti giovanili di Levinas un “intrigo” tra letteratura e filosofia molto prossimo a quello praticato da Blanchot consente, dunque, di cogliere una modalità peculiare di “evadere” dalla claustrazione dell’Essere heideggeriano (Sein), che nelle Notes philosophiques sur éros Levinas ritrova nella dimensione di “mistero” dell’eros, di “comunione con ciò che è nascosto”, dove ciò che è nascosto è la “carezza” come via di accesso all’altro, ma anche il sesso stesso che nel suo attuarsi decentra l’io da se stesso, lo spossessa e, suscitando il desiderio di oltrepassare la chiusura soffocante dell’Essere, lo consegna alla responsabilità verso l’altro. Nancy si è posto in questo solco quando con Freud, Bataille e Derrida ha esplorato le “profondità del sesso” e ha potuto affermare “che l’«Io» è sessuale prima di essere sessuato, che il sesso si precede come una sezione o una successione di sé contemporanea alla più primitiva distinzione di sé” (Nancy 2017, trad. it. 2019: 100-101; Recchia Luciani 2019: 8-23). Michäel de Saint-Cheron, a proposito della produzione poetica del giovane Levinas degli anni Trenta, ha parlato di poeta-filosofo, che è stato nello stesso tempo “un uomo, e un filosofo che ha portato al suo punto di incandenscenza la filosofia” (de Saint-Cheron 2013). D’altronde, nel 1951 Theodor Adorno, appena ritornato a Francoforte dall’esilio americano, nelle sue lezioni universitarie affermava che le questioni filosofiche “sono sempre propriamente questioni di formulazione” e che, essendo esse inseparabili dal medium del linguaggio, danno a “vedere qualcosa come una relazione della filosofia con l’arte” (Adorno trad. it. 1999: 46). Ma rispetto a Adorno per Blanchot vale esattamente anche il contrario: l’arte o la scrittura letteraria, avendo a che fare strutturalmente con il linguaggio, non può non instaurare una relazione organica con la filosofia.
Ora, le recenti ricerche di Pinat negli archivi di Blanchot hanno portato alla luce l’enorme lavoro filosofico a cui Blanchot si è dedicato con passione, quasi in segreto e contestualmente, alla sua attività di scrittore. E i suoi autori eponimi erano Husserl e Heidegger, filtrati attraverso la rilettura critica avviata da Levinas. Dalle carte degli archivi viene fuori che Blanchot è stato “uno dei grandi lettori di Heidegger nel XX secolo” e soprattutto “uno dei grandi traduttori” in lingua francese di quest’ultimo (Pinat 2021: 27). A proposito di questo “dialogo sotterraneo” con Heidegger, mediato da Levinas, basterà ricordare che nel 1959 egli parteciperà alla celebrazione in omaggio dei settant’anni di Heidegger pubblicando nel volume della Festschrift un breve testo intitolato L’Attente, che è appena una pagina di quello che sarà L’Attente, l’oubli che uscirà nel 1962. Alla luce di queste scoperte, su cui bisognerà a lungo indagare nel solco delle ricerche di Pinat, comprendiamo meglio il senso dell’affermazione di Levinas secondo cui Blanchot avrebbe anticipato molte movenze del cammino di pensiero dell’ultimo Heidegger. E, aggiungiamo noi, lo avrebbe fatto con spirito critico, rovesciandone l’ordito concettuale di fondo, come accade nel passaggio cruciale dalla “verità dell’essere” all’“errore dell’essere”. Pertanto, riproporre oggi nella collana Humanities di Pensa Multimedia di Lecce Su Maurice Blanchot significa non solo rimettere in circolazione un testo di Levinas ormai introvabile, ma anche richiamare l’attenzione su un testo che apre nuove prospettive di ricerca sul cammino di pensiero di Levinas.

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