Emil Cioran, Squartamento
di Laureto Rodoni
Conta soltanto il libro che si pianta come un coltello nel cuore del lettore.
21 febbraio 1965
Cfr. Squartamento, p. 30:
Un libro deve frugare nelle ferite, anzi deve provocarle. Un libro deve essere un pericolo.
Inoltre: Un apolide metafisico, pp. 25-26:
Io credo che un libro debba essere davvero una ferita, che debba cambiare in qualche modo la vita del lettore. Il mio intento, quando scrivo un libro, è di svegliare qualcuno, di fustigarlo. Poiché i libri che ho scritto sono nati dai miei malesseri, per non dire dalle mie sofferenze, è proprio questo che devono trasmettere in qualche maniera al lettore. No, non mi piacciono i libri che si leggono come si legge un giornale: un libro deve sconvolgere tutto, rimettere tutto in discussione. Il motivo? Ebbene, io non mi preoccupo molto dell’utilità di quanto scrivo, perché veramente non penso mai al lettore: scrivo per me, per liberarmi delle mie ossessioni, delle mie tensioni e nient’altro. Poco tempo fa una signora, nel Quotidien de Paris, diceva di me: ‘Cioran scrive quello che ognuno si ripete sottovoce.’ Io non scrivo con lo scopo di ‘fare un libro’, perché venga letto. No, scrivo per disfarmi di un peso. Soltanto dopo, meditando sulla funzione dei miei libri, dico tra me che dovrebbero essere come una ferita. Un libro che lascia il lettore uguale a com’era prima di leggerlo è un libro fallito.
Ricordo che nel 2019 | 2020 ho commentato tutti i Quaderni di Cioran. Si trova tutto in questa pagina di cui, lasciatemelo dire, sono orgogliosissimo.
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