Elogio della democrazia

di Gastone Breccia

Elogio della democrazia.
È una strada lunga, che non conosce scorciatoie, ma bisogna avere il coraggio di percorrerla. Con senso critico, con impegno, pronti a denunciare ogni caduta, ma consapevoli dei suoi valori.

Oggi va molto di moda considerare ingenui, se non peggio, quelli che ancora sostengono di credere nei valori della democrazia. Va molto di moda puntare il dito contro i tanti difetti dell’Occidente, abbracciando dai crimini del colonialismo belga in Congo alla guerra preventiva di Bush in Iraq, dal “blind eye” statunitense sulla questione palestinese al razzismo di Churchill, e chi più ne ha più ne metta. Tutto giusto, è naturale: tranne l’uso che si fa di queste accuse trasversali per legittimare una guerra di aggressione.

Oggi va molto di moda criticare ogni virgola dei nostri (criticabilissimi) mezzi di informazione, senza però ricordare che l’alternativa è il cadavere della Politkovskaja riverso sul portone di casa. Ripeto: l’alternativa a un’informazione fallibile, parzialmente schierata, che lascia comunque ampio spazio ai vari Orsini, Santoro e compagnia, è il cadavere della Politkovskaja, non il regno dei filosofi.

Oggi va molto di moda criticare la corruzione del governo ucraino e il “presenzialismo del guitto Zelensky”, senza ricordare che l’alternativa è la totale assenza di legalità dei regimi autocratici, e l’ombra impenetrabile che ne avvolge i processi decisionali. Ripeto: l’alternativa al buffo ebreo Zelensky sul palcoscenico mondiale è Süss l’ebreo (“Jud Süß”) dopo il cinegiornale, per chi sa di cosa parlo.

I valori della democrazia liberale, per quanto realizzati in modo incompleto e imperfetto, non temono confronti. Certo non temono confronti con l’autocrazia di Putin, coi suoi ridicoli (e al tempo stesso tragici) richiami alla “purezza morale”, con le sue leggi contro i gay, gli anacronistici appelli alla nazione e alla religione, la negazione della storia e della cultura degli “altri”. Certo non temono confronti con la distopica teocrazia degli ayatollah, che impicca i giovani oppositori in mezzo a una piazza.

Fino a un anno fa pensavamo di essere non solo imperfetti, stanchi, cinici e un po’ ipocriti, ma deboli. Lo pensavano anche i nostri nemici. Invece, a quanto pare, “Democracy stands…”, come ha detto oggi il presidente Biden a Kiev.
Anche Putin ha sbagliato i conti, come altri prima di lui. Le democrazie sono lente a risvegliarsi, ma se decidono di combattere, sono invincibili.
Ecco: nella sua tremenda imperfezione, la democrazia merita oggi più che mai di essere difesa. Sembra strano a molti che questa difesa, dal febbraio scorso, debba scavare le sue trincee tra il Dnepr e il Donets, ma la storia è davvero strana e complicata.

“Democracy stands”: la strada è lunga, ma alla fine ci saranno un popolo vittorioso e un regime autocratico sconfitto.
Tutti dovremmo augurarcelo e fare qualcosa perché avvenga prima possibile.

P.s. Il discorso sullo stato dell’Unione del presidente Biden è stato, per molti aspetti, il migliore che un cittadino possa legittimamente aspettarsi di ascoltare dal capo di una grande nazione. Non dal capo di una parte politica, ma di una grande nazione.

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