De l’idolatria

di Igor Baglioni

La sua serva indigena Augustina cadde improvvisamente malata ed era ormai agonizzante quando il curato ebbe l’ispirazione di farle ingerire, con un po’ d’acqua in un cucchiaio, il frammento di un osso del santo taumaturgo Gregorio López. La malata vomitò un pezzo di lana che conteneva del carbone, dei gusci d’uovo bruciati e dei capelli. Per il nostro estirpatore fu un miracolo doppio, perché l’india guarì e fu possibile individuare il responsabile del sortilegio.
Il frammento d’osso miracoloso, la reliquia cristiana contro la stregoneria indigena… Potremmo pensare che si tratti solo del classico confronto tra magia india e religione cristiana, dal momento che La Serna esprime scrupolosamente la sua fede nei “meriti del santo” prima di somministrare lo strano beveraggio; o, con maggior audacia, potremmo mettere sullo stesso piano le due magie e allora ritornare, con Ernesto De Martino, sulla componente “magica” del cattolicesimo. Ma cosa ci guadagneremmo? Perché non abbandonare queste terminologie inadeguate e i dibattiti ormai datati (Magia = Religione, Magia A = Magia B) che ne derivano, per seguire delle piste che non si rivelino dei vicoli ciechi? In questo caso, ad esempio, tutto lascia pensare che il raffronto tra due sistemi di interpretazione della malattia, la messa in prospettiva di due concezioni del corpo e della persona possano tornare più utili della stucchevole ripetizione di antichi schemi.

Carmen Bernand – Serge Gruzinski, Dell’idolatria. Un’archeologia delle scienze religiose, tr. it. Torino 1995, p. 147.

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