Considerazioni sulla crisi in Ucraina
di Marco Vigna
È improbabile che si abbiano nella guerra fra Russia ed Ucraina grosse offensive prima di giugno, perché quella in corso è la stagione del fango (rasputiza), che storicamente ha sempre rappresentato un gravissimo ostacolo alle operazioni militari, rallentando od impedendo gli spostamenti di massa su lunghe distanze. Il conflitto al momento è alquanto statico e tale potrebbe rimanere sino a quando il suolo sarà asciutto e compatto a sufficienza per consentire il veloce movimento di carri armati, semoventi, cannoni ed altri veicoli pesanti anche al di fuori delle strade asfaltate.
La relativa stazionarietà del fronte tuttavia non corrisponde a cessazione dell’attività bellica, che prosegue con una lenta azione d’usura in cui l’esercito russo può avvalersi della sua netta superiorità per aviazione ed artiglieria.
Al di là delle considerazioni strettamente militari, che sono problematiche d’attuarsi avendo a disposizione soltanto informazioni dubbie e frammentarie, può essere utile valutare la capacità dell’Ucraina di proseguire il conflitto sulla base di criteri economici, sociali e politici.
La Banca mondiale calcolava un mese fa che l’Ucraina aveva perso il 45% del Pil annuo, ma secondo la Kyiv School of Economics il totale potrebbe essere arrivato a maggio già al 60%. Si calcoli che il Donbass, ormai quasi interamente sotto controllo della Russia e degli indipendentisti, produceva in passato da solo il 42% del Pil ucraino, tra cui la stragrande maggioranza della produzione industriale. Il Pil potrebbe quindi contrarsi quest’anno dal 45% al 60%, ma le stime potrebbero essere ottimistiche.
Tra i dati economici rilevanti si hanno la totale cessazione dell’attività del 35% delle aziende, una diminuzione delle esportazioni del 50% e delle importazioni del 70%.
Le perdite dell’economia ucraina già avvenute e documentate, fra danni bellici diretti ed indiretti, si aggirano sui 600 miliardi di dollari. Si valuti la cifra in rapporto al Pil dell’Ucraina nel 2020, pari a 150 miliardi di dollari: i danni sono già il quadruplo del Pil annuo.
Tra queste perdite, circa 100 miliardi da soli riguardo le infrastrutture civili, principalmente strade, ferrovie, aeroporti, porti. 24.000 chilometri di strade sono state distrutte o danneggiate, circa il 30% dell’intero sistema viario ucraino. Il totale di perdite economiche nelle sole infrastrutture cresce di 4-5 miliardi di dollari a settimana, a prescindere da quelle riguardanti, ad esempio, l’edilizia civile.
Una tale devastazione sta accadendo in quello che era nel 2021 il paese d’Europa (nel senso geografico) al penultimo posto per Pil pro capite, superiore unicamente alla Moldavia ed inferiore anche alla Russia, ma pure alla Bosnia ed all’Albania.
Il dissesto sociale è altrettanto impressionante. Agenzie internazionali hanno calcolato che vi siano 5,8 milioni di profughi ucraini all’estero, quasi interamente donne e bambini poiché la popolazione maschile adulta è mobilitata per la guerra. Gli sfollati interni sono circa 8 milioni. I dati numerici vanno valutati considerando che alla fine del 2021 gli abitanti dell’Ucraina, astraendo quelli del Donbass, erano 37,5 milioni di abitanti. Anche includendo nel computo i cittadini del Donbass, vi sarebbe quasi 1 ucraino su 7 scappato all’estero, mentre approssimativamente 1 su 5 sarebbe uno sfollato interno.
Il numero di esuli od evacuati inoltre aumenta quotidianamente con il pur lento (durante la rasputiza …) progredire dell’avanzata russa.
Gli effetti di un tale spostamento di popolazione non sono solo economici, ma anche propriamente sociali, anzitutto con un impatto psicologico e sanitario notevolissimo sulle persone coinvolte.
La sanità ucraina merita poi un cenno a sé. Già prima della guerra l’Ucraina era uno dei paesi d’Europa con le peggiori, se non la peggiore, condizione sanitaria, per la diffusione di tubercolosi, polio, epatite ed Hiv (l’1% della popolazione ucraina è infetto). La guerra ovviamente ha condotto ad un precipizio il sistema sanitario per la combinazione di quattro fattori: i danni diretti agli ospedali; le disfunzioni e carenze delle catene di rifornimenti di materiale sanitario; il sovraccarico derivante dai feriti di guerra; l’allontanamento dei pazienti dai loro medici curanti. I danni materiali alle strutture sanitarie sfiorano i 3 miliardi di dollari.
È perfettamente possibile, come accaduto innumerevoli volte nella storia, che la guerra in corso abbia fatto più morti indirettamente, ossia decessi per malattia dovuti allo stato bellico, che morti per diretta azione bellica.
Da ultimo, ma non per ultimo, bisogna interrogarsi sulla capacità dello stato ucraino di mantenere un consenso alla guerra fra la sua popolazione. L’Ucraina è un paese abitato da una molteplicità di etnie: gli ucraini, i russi (circa 1/3 del totale), i bielorussi (maggioranza assoluta in una regione del nord), i polacchi, gli ungheresi, i romeni, i tatari, gli osseti etc. Inoltre una percentuale consistente della cittadinanza, comprendente membri di tutte le etnie, era ed è contraria alla politica favorevole agli Usa ed alla Ue del presidente in carica.
È da domandarsi dunque fino a quanto permarrà nella popolazione un certo consenso al conflitto, ossia disponibilità ad accettare le perdite umane e materiali da esso derivanti, poiché quasi la metà dei cittadini non sono ucraini ed un numero considerevole è politicamente all’opposizione a Zelensky ed alla sua linea politica filoamericana ed antirussa. La mobilitazione generale maschile e la messa fuori legge dell’opposizione sono pratiche coercitive, che sono frequenti nei conflitti ma che di per sé non accrescono il consenso a quanto imposto. È superfluo spiegare quanto sia importante ciò che in guerra è detto “morale”. La decisione del governo di mettere fuori legge 14 partiti è un segnale di grave debolezza.
Rebus sic stantibus, appare improbabile che l’Ucraina possa vincere una guerra di lunga durata e d’usura, perché già ora, dopo poco più di mesi, il paese appare in grave crisi economica, sociale e politica. Ammesso e non concesso che l’esercito ucraino sia in grado d’arrestare l’avanzata russa dopo la stagione del fango, la pressione sulle strutture dello stato e della società potrebbe farle dissestare, sottraendo alle stesse FFAA le fondamenta per una loro azione efficace.
