compos sui: padrone di sé

di Roberto Cafarotti

Non credo esista una paura più terrificante e grande di questa. Mi riferisco all’angoscia che nasce in un uomo quando teme di perdere il controllo di sé stesso, della propria ragione, della razionalità: la paura di non saper distinguere più fra bene e male, fra amici e nemici o, peggio, fra famigliari ed estranei.
È una paura che soggiace a malattie che oggi trovano fortunatamente la medicina attiva nel contrastarle, ma sono paure (spesso fortunatamente transitorie) dovute anche a semplici tormenti esistenziali o momentanee cadute depressive, ansie, attacchi di panico.

Théodore Gericault, con enorme modernità, e in anticipo sui tempi, ci parla di ciò e lo dice con una forza artistica senza precedenti. Un pittore che vive nel periodo del Romanticismo dove il vigore, la forza, il confronto con la natura sono intesi in senso eroico, ma lui ne propone uno proprio, quello umano più fragile e drammatico.

Nella sua vita fu sempre alla ricerca della comprensione, attraverso l’arte, della sofferenza nel genere umano.
Dipinse una serie di dieci straordinari ritratti di malati mentali, in accordo con il primario di un ospedale in cui si tentava timidamente di vedere i malati di mente come malati comuni.

A questi occorre aggiungere il ritratto, che qui pubblico, del primario dell’ospedale dove Gericault stesso trovò ricovero dopo una crisi depressiva data dall’insuccesso, nel 1819, del suo capolavoro che ancora oggi possiamo ammirare al Louvre: La zattera della Medusa, opera di sintesi emblematica della condizione umana.

Il medico, identificato da molti come il dott. Esquirol, è qui raffigurato nell’espressione della follia così a lungo indagata nella propria ricerca artistica nelle numerose tipologie di ritratti che Gericault aveva svolto su commissione, probabilmente per lui (Caroli 1995).

La sua vita non sfuggì a quei drammi che seppe così abilmente raffigurare. Il suo capolavoro fu denigrato, la sua arte poco compresa. La sua vita personale fu funestata da un amore, impossibile in quella società, per una sua giovane zia. Ciò fu la sua rovina, sia per l’avversione della famiglia, sia per le conseguenze a cui questa passione portò. Cadde da cavallo due volte, si lesionò gravemente la spina dorsale abbandonandosi alla morte appena trentatreenne.

Il dolore di Gericault colpisce umanamente, come quello di molti altri artisti che nella sofferenza hanno saputo esprimere il meglio della propria arte, producendo, con quella, un enorme contributo alla comprensione profonda della fragilità umana; di questo dono saremo loro sempre eternamente grati.

 

 

Immagine in evidenza:
Jean-Louis André Théodore Géricault (1791-1824)
Le Médicin chef de l’asile de Bouffon, 1823, Olio su tela 44×35 cm Collezione privata. 

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