Come si fa un congresso di partito?
di Guido Melis
Come si fa un congresso di partito? il modello del 900 prevedeva una commissione neutrale “saggi” , in genere vecchi e onorati militanti. Ad essi si presentavano le “mozioni”, ognuna delle quali conteneva una analisi della situazione, una critica, una progettazione per punti. Quindi si apriva la fase congressuale, con riunioni nelle sezioni, poi nelle federazioni provinciali, poi nella assemblea nazionale. A questa fase partecipavano i soli tesserati . Sulla base delle mozioni si eleggevano (dividendosi) i delegati. Questi partecipavano alla assemblea , determinavano la sorte delle mozioni, infine col loro voto eleggevano le cariche dirigenti .
Questo in passato. Ma il Pd e’ nato con un primo Statuto fondativo che introdusse alcune varianti:
1) la platea degli aventi diritto si estese ai cittadini elettori, in base al principio che il partito non e’ solo dei tesserati (spesso iscritti…a loro insaputa dai percettori di tessere) ma di chi ne condivide il progetto e lo vota nelle urne. Il cittadino elettore ha diritto di dire la sua e devebpoter incidere; 2) al posto delle sezioni si fondarono dei circoli, per la verita’ in modo confuso e incontrollato, immaginati pero’ come strutture aperte.
Perche’ queste due innovazioni? Perche’ si percepiva allora come adesso la crisi, il coma profondo, del partito del 900 e la sua separazione dalla societa’.
Ora, puo’ darsi che il modello della nascita del Pd sia superato, che abbia mostrato dei difetti. Ma tradirlo e rifare il partito 900 senza le masse di tesserati del 900 (dc e pci raggiunsero i 2 milioni di iscritti bei tardi anni Cinquanta) e’ stata una catastrofe.
Come fare allora il congresso del Pd? Accettando a tutti i livelli e anzi promuovendo il concorso al dibattito degli elettori, anche attraverso l’uso della rete; e pretendendo che chi si candida a far parte del nuovo gruppo dirigente lo faccia sulla base di documenti chiari e non generici, completi di analisi, proposte, obiettivi e solo alla fine dei nomi da votare.
Nomi (gli eletti nuovi dirigenti) a tutti i livelli sottoposti poi a verifiche costanti e a valutazioni da parte delle assemblee degli elettori.
Troppo? Forse. Ma altrimenti come?