Come non insegnare la filosofia
di Giuseppe D’Anna
“Al tempo in cui studiavo all’Università di Firenze, nella seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, sotto l’influenza dell’insegnamento di Garin predominava, presso la facoltà di Lettere e Filosofia, una concezione storiografica assai curiosa. Siccome non c’è filosofo che non dipenda dal contesto storico nel quale si è trovato ad operare e poiché tale contesto è costituito da una fitta trama di pensatori “minori”, rovesciando una celebre metafora ci si era convinti che i giganti, in fondo, poggiassero sulle spalle di nani e che perciò, per comprendere i giganti, bisognasse prima studiare i nani. Il grande pensatore svaporava dietro una cortina di personaggi pressoché sconosciuti. Si trattava di una forma degenere di hegelismo, ma era un buon modo per gettarsi nello studio di autori secondari, così da evitare di confrontarsi con le complicazioni del pensiero di quelli veramente importanti. Era possibile, per esempio, introdurre il pensiero di Descartes in un saggio di oltre cento pagine spiegando quali erano le letture di Descartes, raccontando l’aneddoto della stufa e del celebre sogno e dei rapporti con Isaac Beeckman, guardandosi bene dall’entrare nei dettagli della sua filosofia” (M. Mugnai, Come NON insegnare la filosofia, Cortina, Milano 2023, p. 60).
Il libro mi è arrivato questa mattina e lo sto leggendo. È un libro che andrà discusso.