Chiarimenti sulla crisi in Ucraina
di Marco Bresciani
Avverto anch’io l’esigenza di dire un paio di cose in questa discussione che pur con punte di asperità mi sembra di grande interesse.
Mi pare che in più di un commento in lista si continui ad adottare un’attenzione minuziosa, analitica, a tratti quasi ossessiva, nei confronti dell’estrema destra ucraina – certamente legittima, ma da ricondurre alle sue forze reali e al suo ruolo concreto, come lucidamente spiegato da Simone – mentre si manca completamente di richiamare l’importanza dell’estrema destra russa e delle sue profonde radici nel nazionalismo panrusso e neozarista, dei suoi stretti intrecci con l’eredità sovietica (staliniana e post-staliniana), dell’eurasismo e delle sue affinità con il fascismo. Tutto questo pare non interessare, come se non avesse enorme influenza sugli eventi in corso, come se non avesse esercitato profonde suggestioni sulla classe dirigente al potere a Mosca, come se non avesse contribuito a delineare i suoi linguaggi e le sue strategie di conquista imperiale nello scenario post-sovietico.
Poi a proposito di quanto sostiene Lorenzo sulla molteplicità di sguardi che compongono l’Occidente rispetto alle varie rappresentazioni dell’alterità, sono in parte d’accordo. Però vorrei anche ricordare che se c’è un’alterità che – più prossima di altre – si è imposta nelle narrazioni storiche europee (occidentali) e rispetto alle quali spesso proprio queste narrazioni si sono definite per indifferenza o negazione è proprio quella che riguarda l’Europa centro-orientale e sud-orientale. Se davvero si vuole superare un rigido “occidentalocentrismo” storiografico proprio di qui si potrebbe/si dovrebbe partire, riconoscendo la centralità di quelle esperienze storiche sul lungo periodo e fino ad oggi su scala continentale e globale.
Vengo infine alla questione del carattere di svolta storica o meno che il conflitto in corso presenterebbe, su cui concordo in larga misura con quanto è già stato detto da Andrea Graziosi. Vorrei solo aggiungere che è proprio il carattere di conquista, cioè la volontà di spostare un confine formale, che mi pare renda questo conflitto, già avviatosi nel 2014 ma pienamente scatenatosi poco più di una settimana fa, diverso dagli altri. L’obiettivo è dunque un mutamento della geografia politica post-1991 (ma in realtà violando l’atto finale di Helsinki nel 1975), con l’intento di ridefinire l’attuale ordine mondiale. In questo senso è diverso anche dal richiamato caso delle guerre nello spazio ex-jugoslavo in cui Milošević, pur perseguendo un progetto di conquista imperiale, di fatto non riuscì mai ad annettere alcun territorio.
