Carnevale di sangue
di Franco Castelli
Era mia intenzione scrivere un post sui “Carnevali sospesi” della tradizione popolare, come quello di Rocca Grimalda, la suggestiva LACHERA da me studiata tanti anni fa, risorta a nuova vita dopo un lungo sonno, dando vivacità e visibilità ad un paesello di sole 1500 anime dell’Alto Monferrato. Un Carnevale diventato un’attrazione turistica, ma anche un aggregatore di energie culturali, con la creazione di un Laboratorio Etnoantropologico aperto agli studiosi di mezza Europa, e di un originale Museo della Maschera etnica.
E invece ci troviamo non solo di fronte ad una pandemia mondiale che ha bloccato e sospeso tanti Carnevali come tante (quasi tutte!) manifestazioni culturali di massa, ma di fronte ad una guerra, cioè ad un bagno di sangue, innescato proprio nei giorni rituali del “tempo sospeso”, della festa del divenire.
Il Carnevale ha sempre avuto a che fare con la Morte, in quanto rito arcaico di morte e di rinascita, seguendo il giro degli astri e delle stagioni. Morte dell’inverno, rinascita della natura: con l’intervento propiziatorio delle Maschere, alter ego degli antenati, che stanno sotto terra come il chicco di grano che bisogna far germogliare per avere il raccolto.
Ma mentre il Carnevale contadino celebra una morte gravida di futuro, brucia il vecchio per far sì che dalle ceneri nascano le spighe, il Carnevale dei Potenti reprime e schiaccia ogni slancio di liberazione, con le armi e con i roghi tenta di spegnere ogni forma di ribellione e di emancipazione.
La storia passata ci ricorda diversi episodi in cui il Carnevale, da festa di gioia popolare, si trasforma in orgia di sangue. Basti ricordare il Giovedì grasso del 1512, quando i francesi strapparono Brescia ai veneziani (e fu un massacro con ottomila morti); nel febbraio 1580, nella Francia di Caterina De’ Medici., il Carnevale di Romans, cittadina del Delfinato in cui i conflitti sociali esplodono con violenza, come ci ha mirabilmente raccontato lo storico Le Roy Ladurie.
Ma forse, pochi sanno che era un Giovedì grasso, il 17 febbraio del 1600, quando alle prime luci dell’alba a Campo dei Fiori, a Roma, Giordano Bruno veniva condotto in piazza con la lingua in giova – serrata da una briglia di ferro perché non potesse parlare – per essere bruciato vivo perché «eretico, impenitente, pertinace». Così, con la condanna al rogo per eresia comminatagli dal Tribunale dell’Inquisizione, si concludeva dopo otto anni, il processo al filosofo nolano.
Non so se sia un caso, ma mette i brividi pensare che Putin abbia voluto dare inizio ad una guerra in Europa proprio la notte di Giovedì grasso! Il Carnevale di sangue dell’oligarca russo non fa che confermare dunque una logica perversa insita nei poteri dei regimi assoluti, che solo con la violenza e la forza bruta si illudono di fermare l’aspirazione dei popoli all’autodeterminazione e alla democrazia.
