Bruno Pontecorvo

di Storie Scientifiche

Bruno Pontecorvo, il “Cucciolo” di Via Panisperna, ha dato eccezionali contributi alla fisica delle alte energie: diede il via a vari filoni di ricerca e le sue intuizioni portarono all’assegnazione di ben quattro premi Nobel.

Bruno nacque il 22 agosto del 1913 nella piccola frazione di Marina di Pisa da una famiglia appartenente alla ricca borghesia. Ma quello che rendeva speciale la famiglia Pontecorvo era la loro (quasi) naturale predisposizione alla genialità. Guido, il fratello maggiore, è stato un genetista di fama internazionale mentre Gillo, il minore, era il grande regista cinematografico e il vincitore del Leone d’oro per il film “La battaglia di Algeri”, che venne candidato anche a due premi Oscar nel 1969.

Fin da piccolo si applicava con profitto nello studio e nello sport (il suo prediletto sarà sempre il tennis) ma in lui si insedierà ben presto il germe della timidezza. Pensava che i suoi genitori, “conservatori e autoritari”, avessero delle idee ben chiare su tutti e otto i figli. Secondo il suo parere:

“Il fratello Guido era considerato il più intelligente, Paolo il più serio, Giuliana la più colta e lui, Bruno, il più buono ma il più limitato, come dimostravano i suoi occhi, buoni ma non intelligenti”.

A questo aggiunse poi:
“A questa opinione soprattutto, io credo, devo la mia timidezza, un complesso di inferiorità che ha pesato su di me per quasi tutta la vita.”

Dopo essersi diplomato a soli sedici anni al liceo classico si iscrive a ingegneria, portando a termine il biennio. Non ama però il disegno e matura la decisione di trasferirsi a fisica. Suo fratello Guido appoggia la sua scelta e lo avverte: “Fisica?! Vuol dire che devi andare a Roma. Lì ci sono Fermi e Rasetti!”.

Arrivò a Roma nel 1931 dove ad attenderlo in un’aula c’erano Fermi e Rasetti, che erano già acclamati come autorità nel campo scientifico, pronti a esaminarlo. Pontecorvo passò brillantemente il test, ma Fermi si lasciò andare a un commento, come era suo solito fare, non troppo benevolo:

“La fisica è una ma, disgraziatamente, oggi i fisici sono divisi in due categorie: gli sperimentatori e i teorici. Se un teorico non possiede straordinarie capacità il suo lavoro non ha senso. Per quanto riguarda la fisica sperimentale, qui esiste la possibilità di un lavoro utile anche per un individuo di capacità medie.”

Prendendolo come un consiglio, Bruno si gettò immediatamente sulla fisica sperimentale, anche se da grande questo giovane ragazzo dagli occhi buoni sarà un grande fisico teorico e sperimentale. Si laureò, nel 1933, a soli vent’anni con il massimo dei voti. Entrò così a far parte del gruppo dei Ragazzi di Via Panisperna dove tutti avevano un soprannome: Fermi era il Papa, Rasetti il Cardinale, Segrè e Amaldi gli Abati e Pontecorvo, essendo il più giovane, fu chiamato il Cucciolo. Nella famosa foto che ritrae i Ragazzi di Via Panisperna però lui non è presente:

“Spesso mi chiedono dove sono. Io ho fatto la foto!” disse durante una conferenza molti anni dopo.

Nel 1934 le ricerche nell’Istituto si concentravano sullo studio della radioattività indotta dai neutroni e si era giunti a interessanti risultati. Alcuni giorni dopo vennero riprese le stesse misure per confermare i risultati precedenti, ma si trovarono di fronte a un diverso periodo di dimezzamento della radioattività indotta. Amaldi e Pontecorvo furono messi allora a studiare quali fossero le condizioni favorevoli per ottenere risultati riproducibili. Bruno osservò immediatamente che i tavoli in legno presenti nella camera oscura, dove di solito si eseguivano gli esperimenti, avevano “proprietà miracolose”: se infatti si irradiava l’argento su quei tavoli, piuttosto che su alcuni tavoli di marmo, si osservava un aumento di radioattività. Fermi non fu molto felice di questa notizia mentre Rasetti li prendeva in giro dicendo che non erano capaci di fare “misure pulite e riproducibili”.

Il nome di Bruno emergerà ufficialmente in un articolo nella rivista “La Ricerca Scientifica” del 1935 intitolato “Sulle proprietà dei neutroni lenti” dove lo “scopo di questa nota è riferire sulle proprietà dei neutroni lenti e sull’effetto di sostanze non idrogenate sulla radioattività provocata da bombardamento di neutroni”.

Nel 1936 vinse una borsa di studio per un soggiorno di 6 mesi all’estero. Ma dove andare? La situazione politico-economico italiana versava in una situazione al limite: dopo aver invaso l’Etiopia pesanti sanzioni gravavano sull’Italia e Mussolini individuava nell’Inghilterra la maggiore responsabile. Cambridge, con i suoi prestigiosi laboratori, è una meta che non si può prendere in considerazione. Fermi allora consigliò a Pontecorvo di raggiungere i coniugi Frédéric e Irène Joliot-Curie all’ Institut du Radium di Parigi. Qui rimane fino al dicembre del 1939, pochi mesi dopo che l’ingresso della Francia nel conflitto mondiale. Il soggiorno parigino fu importante per Bruno non solo per il lato scientifico ma anche per la sua formazione personale e politica:

“Mi colpì molto la generale promiscuità, la presenza di tanta gente di colore, il gran numero di ragazze che frequentavano l’università [..] ma soprattutto mi colpirono gli operai. A Parigi c’erano gli operai, si riconoscevano fisicamente e frequentavano gli stessi locali dove andavamo noi studenti. Mangiavano al nostro fianco. A Roma credo di non aver mai visto un operaio ma certo non avevo mai mangiato alla stessa tavola.”

Si ritrovò in un ambiente apertamente di sinistra. I coniugi Joliot-Curie erano politicamente attivi e Bruno trovò in Frédéric non solo un maestro ma anche un amico con cui dedicarsi ai suoi passatempi preferiti: la politica e lo sport. A Parigi trovò anche l’amore; pochi mesi dopo il suo arrivo incontrò la giovane svedese Marianne Nordblom. I due si sposarono ed ebbero il loro primo figlio, Gil.

Per le sue idee politiche e per la promulgazione delle leggi razziali (Pontecorvo era infatti ebreo), decise di non ritornare in Italia. Così, il 13 giugno del 1940, con i nazisti alle porte, Bruno scappò da Parigi e rocambolescamente riuscì a raggiungere gli Stati Uniti. Grazie al suo vecchio amico Emilio Segrè e all’aiuto del suo Maestro Enrico Fermi riuscì ad ottenere una proposta di lavoro da una compagnia petrolifera a Tulsa (Oklahoma). Basandosi sulla tecnica del rallentamento dei neutroni, e usando l’esperienza accumulata a Roma, Bruno sviluppò un’ingegnosa tecnica per il rivelamento dei pozzi di petrolio, il così detto “carotaggio neutronico”, che rappresentò la prima applicazione della scoperta dei neutroni lenti fatta dai Ragazzi di Via Panisperna.

Nel 1942 gli Stati Uniti iniziarono la corsa agli armamenti istituendo il Progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica. Pontecorvo, molto probabilmente per le sue idee filocomuniste, non venne preso in considerazione. Ma un altro Paese stava iniziando la corsa all’atomica: l’Inghilterra, che temendo un’invasione della Germania decide di spostare le ricerche in Canada. Fu così che nel 1943 Pontecorvo venne chiamato nel laboratorio di Chalk River. Durante tutto il periodo bellico il suo maggior impegno riguardò la costruzione del reattore nucleare ad acqua pesante NRX e tutte le problematiche legate alla sua progettazione (come lo studio dei materiali e la misura delle sezioni d’urto). Il reattore entrò in funzione il 22 luglio del 1947. Per molti anni sarà la principale fonte di isotopi radioattivi per uso medico.
Il periodo canadese per Pontecorvo fu un’inesauribile fonte di ispirazione: maturò alcune intuizioni geniali sulla fisica delle particelle elementari. Inoltre, mise a punto un metodo radiochimico per la cattura dei neutrini solari. La tecnica non era perfetta ma gettò importanti basi per l’esperimento, effettuato poi negli anni Sessanta, per la definitiva cattura e la successiva stima del numero di neutrini solari.

Fra il 1944 e il 1945 Conversi, Pancini e Piccioni svolsero una serie di famosi esperimenti a Roma che culminarono con l’identificazione di una nuova particella, il muone. Il suo prodotto di decadimento è composto da un solo elettrone, che non presentava però un’energia ben definita ma che variava in un intervallo continuo; questo significava che il muone si divideva in un elettrone e, almeno, in altre due particelle neutre e invisibili alle strumentazioni. Pontecorvo dedusse che la cattura del muone da parte del nucleo atomico, proprio come la cattura dell’elettrone, producesse due neutrini (la misteriosa particella predetta negli anni Trenta da Wolfgang Pauli per spiegare lo spettro del decadimento β. Scoprì che l’interazione debole, predetta da Fermi, aveva un carattere molto più generale di quanto si pensasse. Ipotizzò inoltre che questi due neutrini fossero di natura diversa: uno legato al muone primario, l’altro legato all’elettrone emesso. A questo punto Pontecorvo si impose come uno dei massimi esperti mondiali della fisica del neutrino.

Nel dopoguerra gli vennero fatte varie offerte da parte di prestigiose Università, compresa quella di Pisa, ma le rifiutò tutte e decise di stabilirsi in Inghilterra. Erano gli anni in cui stava iniziando un nuovo conflitto, questo destinato a durare molti decenni, quello della Guerra Fredda. Iniziò allora una caccia alla spia che portò anche Pontecorvo ad esse indagato, ma che fu subito scarcerato per mancanza di prove. Sembra infatti, secondo i servizi segreti di Sua Maestà britannica, che il fisico italiano non si sia mai occupato di questioni puramente militari e che non entrò mai in possesso di dati sensibili.

Nell’estate del 1950 l’intera famiglia Pontecorvo arrivò in Italia per una vacanza, ma alla fine di agosto si imbarcarono su un volo della Scandinavian Airlines con direzione Stoccolma. Per cinque anni il mondo occidentale non avrà più loro notizie. Solamente nel febbraio del 1955 apparve sulla Pravda (l’organo di stampa del Partito Comunista Sovietico) una dichiarazione del fisico italiano. Bruno aveva abbandonato l’Occidente ed era entrato in Unione Sovietica.
Qualche giorno dopo, il 4 marzo, tiene una conferenza stampa nella sede dell’Accademia delle Scienze per il disarmo nucleare, alla presenza di giornalisti di tutto il mondo. La notizia è sulle prime pagine di tutti i quotidiani. Il corrispondente a Mosca per l’Unità, Giuseppe Boffa, riporta l’intero intervento in prima pagina il 5 marzo 1955. Durante i cinque anni di silenzio presero piede le ipotesi più svariate per dare una risposta a questa fuga. Qualcuno, ad esempio, diceva che Pontecorvo era andato in URSS per regalare a Stalin le sue competenze, e i suoi segreti, per costruire la bomba atomica.

Pietro Greco nel suo articolo scrisse: “Possiamo attribuire a Pontecorvo l’ingenuità di credere fermamente nella possibilità della creazione di uno Stato egualitario e socialista, fondato sui diritti dell’uomo, ma è molto difficile sostenere l’ipotesi che si sia recato in URSS per donare l’atomica per alcuni semplici motivi.”

Il primo è che l’Unione Sovietica la bomba la possiede già. Il primo ordigno al plutonio, l’RDS-1 nota anche come Pervaja molnija (“primo fulmine”), è stata fatta esplodere il 29 agosto del 1949; inoltre Stalin poteva contare su una squadra di grandissimi fisici capeggiata da Igor’ Kurčatov. D’altra parte, in quegli anni il semplice fatto di aver viaggiato qualche volta ad Ovest è motivo di sospetto persino per un russo, figurarsi per uno straniero. I primi tempi per Pontecorvo sono duri: veniva tenuto sotto sorveglianza dal governo e l’intera famiglia fu costretta all’isolamento per alcuni mesi.

Intanto Bruno si era trasferito a Dubna, la famosa città atomica situata a circa 120 km a nord di Mosca, dove tre anni prima era sorto un importante istituto per la ricerca nucleare e dove era collocato il più grande acceleratore particelle al mondo, un sincrociclotrone. La sua fama lo precede e tutti sono entusiasti di lavorare con lui. Da quel giorno sarà conosciuto come Bruno Maksimovič Pontecorvo. Fu messo a capo della divisione di fisica sperimentale del Laboratorio dei Problemi Nucleari.

Qui maturano le sue rivoluzionari idee. Nella pubblicazione “Neutrini elettronici e muonici” del 1959 ipotizzò per primo una teoria strabiliante: esistono diversi tipi di neutrini le cui proprietà sono rilevabili. Nacque così la fisica dei neutrini ad alta energia.
L’acceleratore di Dubna, nonostante fosse il più grande del tempo, non raggiungeva energie sufficientemente alte per dimostrare la sua ipotesi. Solamente agli inizi degli anni Settanta gli americani Ledermann, Schwartz e Steinberger confermarono sperimentalmente la teoria del fisico italiano. I tre vinsero il Premio Nobel per la fisica nel 1988 “per il metodo del fascio di neutrini e la dimostrazione della struttura doppia dei leptoni attraverso la scoperta del neutrino muonico”. Pontecorvo fu il grandissimo escluso e la comunità scientifica insorse, d’altronde fu lui che per primo effettuò ne effettuò la previsione.
In questi anni Pontecorvo propose inoltre un metodo per la rilevazione degli antineutrini prodotti nei reattori nucleari. Questa tecnica fu usata con successo da Frederick Reines nel 1956 negli Stati Uniti. Reines vinse il Premio Nobel per la Fisica nel 1995 “per la rilevazione del neutrino”.
Tra il 1957 e il 1967 Pontecorvo lavorò sulla teoria del mescolamento leptonico. In grande sostanza i leptoni sono particelle elementari suddivise in tre famiglie: elettroni, muoni e tauoni. A ognuno di questa famiglia è associata un neutrino di diversa natura (il neutrino elettronico, il neutrino muonico ed il terzo, il neutrino tauonico fu teorizzato negli anni Settanta e osservato sperimentalmente nel 2000). La teoria elaborata da Pontecorvo affermava che i diversi neutrini nel vuoto potevano trasformarsi gli uni negli altri. Questo fenomeno è detto oscillazione dei neutrini. Una notevole e importante conseguenza di questa teoria è che i neutrini siano dotati di massa. Questo fatto fu per la prima volta verificato per i neutrini solari nel 1968; successivamente fu parzialmente confermato, tramite l’esperimento Super-Kamiokande, e confermato definitivamente nel 2010 dagli esperimenti svolti nei Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare del Gran Sasso.

Per molti anni Pontecorvo non poté lasciare l’Unione Sovietica e ritornò in Italia solamente nel 1978 in occasione del settantesimo compleanno dell’amico Edoardo Amaldi. Appena atterrato, vincendo la sua nota timidezza, disse:
“Io subito vi voglio svelare un gran segreto. Io non ho mai, e dico mai, lavorato alla bomba atomica, alla bomba all’idrogeno o ad altre bombe né in Occidente, né in Russia, né in Cina, né altrove.”
Erano già comparsi i primi sintomi del morbo di Parkinson. Durante una delle sue ultime interviste, Miriam Mafai gli chiese se si fosse pentito della sua scelta. Pontecorvo rispose:

“Ci ho pensato molto ma non riesco a dare una risposta. Io credo di essere sempre stato una persona per bene, anche se alle volte forse ho fatto delle scelte sbagliate. Ma cosa è più importante, fare le scelte giuste o essere una persona per bene?”

Bruno Pontecorvo fu uno dei più grandi esclusi di tutti i tempi dal Premio Nobel; il motivo è forse da ricercare nell’opposizione degli americani, che non videro mai di buon occhio la sua ideologia politica. In URSS, nonostante fosse continuamente braccato e sorvegliato dal KGB, fu premiato e ricoperto con i più alti onori civili: nel 1953 ottenne il Premio Stalin e nel 1963 il Premio Lenin; infine, nel 1964 fu eletto membro della prestigiosa Accademia delle Scienze Sovietiche.

Morì il 24 settembre del 1993. Per sua espressa volontà, metà delle sue ceneri furono sepolte nel cimitero di Dubna e l’altra metà ne cimitero acattolico di Roma. Dal 1995 fu istituito a Dubna il Premio Pontecorvo in sua memoria, attribuito annualmente al fisico che ha contribuito maggiormente alla ricerca nel campo della fisica delle particelle elementari.

Credits photo Cintura di Orione

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