Alessandro Barbero e la narrazione della storia

di Marco Vigna
Il libro del professor Alessandro Barbero dedicato all’ultimo combattimento di Napoleone, “La battaglia. Storia di Waterloo“, ha uno stile preciso, che è direttamente collegato al metodo di scrittura ed interpretazione prescelto da questo storico nella trattazione di una delle più celebri e studiate battaglie della storia occidentale.
Il modello di riferimento implicito è senz’altro ad un classico della storiografia militare, “The Face of Battle“, di John Keegan, tradotto in italiano con il titolo “Il volto della battaglia – Azincourt, Waterloo, la Somme“, uscito nel 1976 e profondamente innovatore nell’impostazione dell’usato ed abusato ramo storiografico della storia militare. Rispetto al passato, in cui le battaglie e le guerre erano descritte per così dire “dall’alto”, privilegiando una visione che era quella teoria del comandante in capo, Keegan invece punta su di una visione “dal basso”, che è anzitutto quella del combattente immerso nello scontro stesso. Egli cerca di comprendere e di far comprendere al lettore che cosa il singolo soldato vedeva, faceva, provava e pensava. La trattazione diviene quindi quanto più possibile analitica ed empirica, tentando di fare immergere il lettore nel caos dinamico della battaglia.
Il saggio del professor Barbero si ispira chiaramente al magistero di Keegan e si concentra anzitutto nella descrizione realistica e dettagliata di tutti gli eventi principali della battaglia, che a loro volta si frammentano e suddividono a grappolo in una molteplicità di vicende personali dei singoli combattenti. Avvalendosi di uno stile di scrittura a tutti comprensibile, ma coloratissimo e vivace, Barbero riesce a scrivere un libro di storia elegante ed accattivante quanto un romanzo storico, ma pienamente realistico. Il lettore può quindi cogliere quasi come in una rappresentazione cinematografica le sensazioni visive ed uditive, le reazioni emotive, le riflessioni dei militari coinvolti e comprendere con immediatezza empirica i più piccoli problemi tattici degli scontri. Questo non significa che l’autore trascuri di considerare le decisioni ed i piani dei comandanti, inclusi i capi dei tre eserciti coinvolti, Napoleone Buonaparte alla testa dei francesi, Wellington dell’esercito composito formato da inglesi, scozzesi, irlandesi, olandesi belgi e tedeschi, Blücher con al seguito i prussiani.
Tuttavia, rispetto alla storiografia militare ottocentesca, lo spazio concesso ai capi non monopolizza l’opera e Barbero ha cura di mostrare come la loro autorità avesse limiti precisi imposti dagli eserciti, dai loro uomini, dalle condizioni del terreno e del tempo. La battaglia è una storia corale dei combattenti di Waterloo, la sua interpretazione non si limita ad una ricostruzione verticistica della stessa. Fra i molti pregi dell’opera vi è la sua accessibilità pressoché totale anche a coloro che siano ignari di storia, resa possibile dalla semplicità di scrittura e dai contenuti quasi esclusivamente evenemenziali, quindi narrativi, del testo. Lo stesso apparato critico e bibliografico è ridotto all’essenziale e rimandato al fondo del testo.
La scelta storiografica di Barbero in quest’opera si pone certamente lontana sia dalla multidisciplinarità della scuola annalistica, sia dall’attenzione rigorosa ed ossessiva per l’analisi delle fonti, propria della tradizione storiografica tedesca.
Si tratta di uno studio che, alla fine, è principalmente divulgativo, ma che realizza questa funzione ad altissimo livello e con una straordinaria capacità letteraria.